Purtroppo si è verificato spesso anche a Bucita, in primo luogo quando si è deciso di far diventare la splendida contrada rossanese, piena di colture di qualità e di storia, il centro di lavorazione e smaltimento di rifiuti della Provincia di Cosenza: abbiamo già denunciato l’esistenza di una comunicazione da parte della sovrintendenza, in fase autorizzativa, che segnalava la presenza di un sito archeologico importantissimo, dell’età del ferro, che è stato invece sommerso di monnezza.
Abbiamo inoltre denunciato la presenza di migliaia di metri cubi di rifiuti non autorizzati, per i quali stiamo aspettando che la Procura della Repubblica esca dal letargo profondo in cui è caduta, riprendendosi temporaneamente solo per processare chi difende la legalità e la salute. Persino un’inchiesta della Procura di Reggio Calabria ha tirato in ballo la discarica di Bucita, ma nessuno sembra voler andare a fondo a questa storia, chissà perchè. Proprio in relazione alla vicenda dei rifiuti non autorizzati, però, denunciammo un secondo aspetto: l’inutilità di realizzare la copertura della discarica in assenza di un piano di caratterizzazione del sito, ovvero senza conoscere con esattezza cosa è stato abbancato sulla nostra collina, prevedendo che non sarebbe durata ed ipotizzando il danno erariale.
Ad una cosa soltanto sarebbe potuta essere utile una copertura provvisoria: a limitare la produzione di percolato, evitando che lo stesso scenda impunemente a valle (come teniamo stia succedendo) e limitando le copiose spese per la raccolta e lo smaltimento, altro dispendioso business che ruota intorno alle discariche.
Il progetto di copertura provvisoria della discarica pubblica di Bucita è costato circa 600 mila euro di soldi pubblici (pensate quanto ci costerà la copertura definitiva) e sarebbe dovuto consistere in uno strato di regolarizzazione, fatto con l’aggiunta di ulteriore frazione organica, sotto un telo di copertura spesso un millimetro che avrebbe dovuto evitare che le acque piovane tornino a contatto con i rifiuti.
Seicentomila euro per un millimetro di copertura, ma almeno avremmo risparmiato sul recupero e lo smaltimento del percolato e smesso di inquinare il territorio, con la pioggia che sarebbe scivolata linda verso valle.
Peccato che dopo qualche mese il telo che avrebbe dovuto coprire la discarica non c’è più, o forse è diventato invisibile (l’utilizzo di un telo tanto tecnologico avrebbe giustificato la spesa) con l’intento di trasformare la discarica in una avveniristica attrazione turistica, con i rifiuti di nuovo a vista che attendono romanticamente di essere bagnati dalle piogge estive e di baciare l’acqua piovana prima che scorra, grigia e nera, verso le insufficienti vasche di raccolta.
Interrompendo la vena romantica ci chiediamo: che fine ha fatto il telo da 600 mila euro? Quanto percolato sta producendo la discarica, e come lo si sta raccogliendo? A che costo?
Attendiamo fiduciosi chiarimenti e risposte urgenti da parte dei responsabili.
È evidente che, qualora questi non chiariscano la situazione, saremo costretti a rivolgerci nuovamente alla Procura della Repubblica e questa volta anche alla Procura della Corte dei Conti, chiedendo evidentemente se i seicento mila euro di soldi dei calabresi, ai quali vanno aggiunti i costi di raccolta e smaltimento del percolato, siano stati effettivamente spesi nell’interesse della collettività o meno.
Flavio Stasi
Portavoce Movimento Corigliano- Rossano Pulita
(Comunicato stampa)