Si occupa di pulizia e sanificazione negli ambienti ospedalieri nella lotta contro il Covid. Esposizione ad alto rischio, dunque. Nell’ultima annualità ha contabilizzato circa 1700 ore per l’emergenza Covid ma le stesse sono state considerate, a detta del dipendente, «come “straordinario” normale nei pagamenti». Sposato con figli, percepisce circa 630 euro mensili (stipendio base), perché per lui la cooperativa che ha in gestione il servizio ha predisposto un contratto part-time a tempo indeterminato. Preferisce l’anonimato, non perché tema qualcosa, ma semplicemente perché è consapevole dell’esistenza di un sistema nel quale quando si denuncia per i propri diritti si rischia di rimanere fuori dal mercato del lavoro. Il lavoratore opera in questo settore dal 2001, è stato assunto circa un anno e mezzo fa dall’attuale cooperativa che è subentrata a una società al tempo dichiarata fallita. Quando scoppia la pandemia, al dipendente vengono assegnate disposizioni diverse dalle originarie e, quindi, si prospetta l’attività di sanificazione dei locali interni al presidio ospedaliero “Nicola Giannettasio” di Rossano. «Eravamo in pochi, racconta, senza vaccino. E da settembre dello scorso anno ho svolto l’attività di sanificazione. Per quattro mesi ho espletato il servizio pur in assenza del vaccino, rischiando io e la mia famiglia». L’intervento veniva effettuato in tutte le aree ad alto rischio, prevalentemente «nel Polo Covid, nel pronto soccorso (area promiscua), la Tac dedicata, in Dialisi, in Nefrologia. Ovunque ci fosse bisogno», riferisce al nostro network. Alla domanda se tra i lavoratori che operano vi siano soggetti non vaccinati, l’uomo afferma: «A questa domanda non posso rispondere, non voglio mettere in difficoltà i miei colleghi».
La diffida e poi la risposta dell’azienda che lo esenta dal servizio