Sono passati 22 mesi da inizio pandemia e la Calabria, oramai nel pieno della quarta ondata, non ha ancora imparato a fare il tracciamento delle persone positive, nonostante la pioggia di soldi piovuta sulle Asp e gli straordinari da capogiro ai dirigenti. In particolare, in quest’ultima violenta ondata di contagi, c’è chi attende di essere sottoposto a tampone molecolare da un mese o, peggio ancora, di essere “tracciato”, cioè iscritto nell’elenco delle persone positive al Covid e di essere attenzionato dalle autorità sanitarie. La gente cerca di correre ai ripari sottoponendosi autonomamente ai tamponi rapidi antigenici. Ciò, nell’ultimo mese, ha provocato un enorme esborso di denaro che ha indebolito ancora di più le famiglie, già vessate da mesi di restrizioni e crisi economica.
I tamponi della discordia
Famiglie sul lastrico
Mentre in altri Stati dell’Unione Europea, ad esempio la Germania, i tamponi rapidi non si pagano (al momento la Germania ne garantisce uno a settimana per tutti), in Italia i costi sono a carico dei cittadini. A fronte dell’enorme speculazione iniziale, durante la quale i tamponi rapidi avevano prezzi stellari, ora lo Stato ha posto un tetto massimo di 15 euro. La cifra è comunque alta se si pensa che il costo di fabbrica di un tampone è di pochi centesimi.
«A casa siamo in tre – ci dice Eleonora – e da metà dicembre a Capodanno abbiamo speso circa 200 euro in tamponi». Soldi che sono stati sottratti ai regali di Natale o, perché no, a una piacevole cena fuori. «In casa entra un solo stipendio e non possiamo permetterci spese impreviste». Anche perché se c’è qualche soldo da parte, meglio tenerselo stretto. «Non sappiamo quando finirà tutto questo e dalle ultime notizie sembra che ne avremo ancora per molto. Abbiamo paura, ci sembra un incubo».
La corsa all’offerta
Peggio ancora è andata a quelle famiglie in cui ci sono tre o quattro figli e dove ogni volta è una batosta da quasi cento euro. «Ovviamente – ci dice Maria, divorziata, tre figli e un lavoro precario – anche noi siamo stati a contatto con persone positive e ci siamo dovuti sottoporre al test. Così mi sono messa alla ricerca di farmacie che applicavano gli sconti». Alcune farmacie, in un impeto di coscienza, hanno portato i prezzi a 10 euro, o anche meno. Ma Maria la sua salvezza l’ha trovata nei supermercati. «Li pago soltanto 5 euro». Ma l’affidabilità del test, già messa più volte in discussione, in questo caso traballa ancora di più. «Non conosco altri modi per controllarci, altrimenti devo scegliere se far mangiare i miei figli o fargli un tampone».
C’è chi rinuncia alla propria salute
Tra le tante testimonianze di questi giorni, c’è anche quella di Marco, giovane disoccupato. Lui ha perso il lavoro e non vuole gravare sulla famiglia, pertanto ha deciso di rinunciare a ogni controllo. «Se avrò i sintomi del Covid, me ne starò buono a casa». Decisione che potrebbe rivelarsi pericolosissima. «So che la prevenzione è importante e in questo momento sarebbe opportuno aiutare il tracciamento, ma che posso farci? Dove li prendo i soldi per i tamponi, non posso mica andare a rubare». E così si va avanti, tra timori e preoccupazioni, aspettando che passino i giorni. «Oggi la salute è un terno al lotto e la pandemia non si arresta anche perché il sistema di tracciamento è saltato. I tamponi antigenici rapidi a volte sono davvero utili a individuare una positività, ma conosco tante persone che vi rinunciano perché non possono permettersi di comprarli. Credo che così non ne usciremo mai». (fonte lacnews24.it – Francesca Lagatta)