Fra qualche mese saranno passati 10 anni dalla straziante morte avvenuta nel febbraio 2013 di una delle tante vittime della malasanità nell’Alto Jonio e tutto, nonostante l’avvicendarsi dei commissari e dei politici alla guida della Regione, rimane terribilmente fermo! E anche l’angosciante “Lettera aperta agli indifferenti” (ne ricorderemo alcuni passaggi) scritta allora dalla Dr.ssa Maria Francesca Aloise innanzitutto come cittadina ma anche come dipendente dell’Asp e comunque ben prima di entrare nell’agone politico locale, è rimasta inascoltata, come del resto tutte le pressanti richieste degli amministratori locali avanzate nel corso degli anni, e anche di recente! Era esattamente il primo Febbraio del 2013 quando la giovane mamma A.T. di Oriolo, colpita all’improvviso da un grave malore di natura cardiologica, è stata accompagnata dai suoi familiari, comprensibilmente angosciati e in preda al panico, al più vicino presidio di sicurezza, erroneamente considerato l’ex Pronto Soccorso del ”Chidichimo”.
Pronto Soccorso che, all’atto dell’inopinata chiusura dell’Ospedale avvenuta nel 2010, è stato declassato a PPI (punto di primo intervento), salvo poi ad essere riciclato, ma solo sulla carta, in un approssimativo presidio sanitario, presidiato da un medico, da un infermiere e da poco altro, impropriamente ribattezzato come Pronto Soccorso. Qui l’allora giovane mamma, come viene ricordato nella suddetta lettera aperta, nonostante le premure e le cure prestategli prontamente dai Sanitari, nel giro di poco tempo è deceduta per arresto cardio-circolatorio tra le grida e lo strazio dei figli. Quella giovane mamma e le numerose altre vittime registratesi dopo la cervellotica chiusura dell’Ospedale e dell’annessa UTIC che tante vite umane ha salvato nel corso degli anni, gridano vendetta davanti a Dio e davanti agli uomini. Anche perchè, come è noto, diversi incolpevoli medici e infermieri nel corso degli anni hanno subito denunce penali e processi per presunte omissioni di soccorso, ma mai nessun politico e nessun commissario è stato perseguito per legge ed assoggettato alle sue reposnsabilità. A seguito della dolorosa disavventura di quella giovane mamma, la signora Maria Francesca Aloise, come si diceva, ha sentito il dovere civile e morale di affidare alla stampa un’accorata Lettera aperta: “Non riesco ancora adesso a cancellare dalla memoria le urla strazianti dei figli della giovanissima mamma di Oriolo nei confronti della quale i sanitari, impotenti e a mani nude, hanno fatto tutto quello che era possibile fare, ma tutto è stato vano. Alla base di quella disavventura, – ha scritto Maria Francesca Aloise – l’errore imperdonabile di aver aver chiuso l’Ospedale e, da parte dei familiari, lo sbaglio di aver considerato l’ex PPI un porto sicuro per froteggiare quell’emergenza… Comunque sia, non si può morire così – ha commentato allora la dr.ssa Aloise – ed io non ci sto! E’ impensabile, è inimmaginabile, è insopportabile accettare tutto questo! Probabilmente – si legge ancora nella lettera – era giunta la sua ora, probabilmente non ci sarebbe stato nulla da fare anche ad Ospedale aperto. Non lo so, ma si sarebbe potuto dire “ci hanno provato”, come del resto è stato possibile quando era aperto e funzionante il “Chidichimo” che tante vite umane ha salvato nel corso dei suoi circa 30 anni di vita. Possibile che nessuno riesca a capire – ha scritto allora Franca Aloise in una lettera che putroppo rimane ancora oggi di un’attualità disarmante – che ci hanno tolto la dignità di persone, non quella di vivere, ma anche quella di sopravvivere…”. Purtroppo, a distanza di oltre 12 anni, non è cambiato niente. Anzi, se vogliamo essere più precisi, ci sono stati cambiamenti in negativo perchè nel frattempo gran parte dei medici ospedalieri, ma anche della medicina territoriale, sono andati in pensione e nessuno di loro è mai stato rimpiazzato, per cui la situazione è diventata sempre più grave e insostenibile. Ben vengano, dunque, le iniziative intraprese anche dai nuovi amministratori comunali ma mai, come in questo caso, calza a pennello il titolo “FATE PRESTO!” utilizzato dal Mattino di Napoli in occasione del terribile terremoto registratosi 42 anni fa in Campania e Lucania che ha provocato quasi 3mila morti. Un’ineguagliabile sintesi titolistica, quella del “Fate presto”, che scosse la lenta e farraginosa macchina dei soccorsi dello Stato e l’insopportabile disorganizzazione che indignò l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini che, come era sua abitudine, si fece portavoce della devastazione provocata dal terremoto e rilanciò con forza il grido di dolore e di aiuto delle popolazioni colpite dal sisma e che oggi calza a pennello per l’allucinante situazione che riguarda il “Chidichimo” di Trebisacce.
Pino La Rocca