Carissimi fratelli e carissime sorelle,
Come voi, anch’io sono rimasto impietrito dinanzi all’incalzante spirale di violenza che rende amaro il presente, e oscuro l’orizzonte del nostro futuro.
Dalle stragi efferate, compiute a Parigi e in altre parti del mondo, agli assassinii che quotidianamente vengono consumati, alla guerra presente in tanti angoli del mondo, tutto sembra vanificare la forza dell’amore di Dio che, nella nascita del suo Figlio Gesù, ha posto l’inizio di un Regno fondato sull’amore. Non dobbiamo dimenticare che proprio all’indomani della nascita a Betlemme del Bambino Gesù, Erode, re di Giudea, impaurito dalla possibile nascita di un re che avrebbe potuto governare al posto suo, realizzò la strage di tanti bambini innocenti. Nonostante questo Gesù riuscì a salvarsi e a portare a termine la sua missione d’amore. Con il Natale, oggi come ieri, giunge anche a noi il messaggio della fiducia e della speranza, e l’apertura dell’Anno Giubilare della Misericordia, che il Santo Padre ha desiderato inaugurare in Africa e poi a Roma, ci indica l’unica sfida che dobbiamo accogliere e perseguire: entrare nell’abbraccio di Dio, valicando la porta del Suo cuore, per riscoprire la tenerezza di Lui per ogni uomo. Quello di Dio è un amore grande che si fa piccolo, che trova spazio anche nelle fenditure più impenetrabili del nostro egoismo, per donarci attraverso il perdono, l’opportunità di percorsi di riconciliazione capaci di farci a gustare la sua tenerezza e la ritrovata gioia di vivere. Sembra una stridente contraddizione parlare di tenerezza di fronte a tanta barbara violenza, a tanto vuoto di senso e smarrimento, ma credo fermamente che la tenerezza, che sgorga dalla mangiatoia di Betlemme, sia l’atteggiamento interiore più solido, più vero, più maturo, per un cuore che ha sperimentato l’amore e si rende disponibile a donarlo. La tenerezza è l’opposto della violenza. È un atteggiamento che coinvolge tutto l’essere umano e lo rende capace di riconoscere l’altro come realtà positiva, bella, sapendo rivelarglielo mediante scelte fatte di ascolto, accoglienza, accompagnamento e condivisione. Gesù è venuto a testimoniare e a insegnarci la tenerezza come stile di vita possibile, giungendo a quell’apice, per noi umanamente assurdo, comprensibile solo nella logica evangelica della tenerezza: pregare per i propri nemici. Vivere la tenerezza richiede forza, equilibrio, verità, cuore. Essa non è per persone superficiali, rifugiate nella propria mediocrità, o imprigionate dal proprio io. La tenerezza è seduttiva ed apre all’incontro con la libertà, l’impegno, la responsabilità e induce a costruire percorsi di fiducia, di pace. Proviamo a vivere, dinanzi al Bambino di Betlemme, quest’esperienza di tenerezza, dove imparare a sentirsi amati, senza avvertire alcuna dipendenza; sentirsi accolti per ciò che si è e non per ciò che l’altro si aspetta da noi; riconoscersi nella verità limitati e peccatori.
Ai piedi della mangiatoia sgorghi quell’invocazione liberante che ci rende disponibili al cambiamento e all’esperienza di Lui: “Signore, abbi misericordia di me”, “abbi pietà di noi”, primo vero passo verso la tenerezza. In tutti c’è un bisogno profondo di misericordia che non dobbiamo soffocare. Intero, a patto che ci si lasci condurre in un viaggio sino alle profondità del cuore. Guardando il Presepe, contempliamo il mistero di misericordia: Dio si piega sulle nostre miserie. Sperimentiamo la gioia di un cammino liberante che ci porti dentro la tenerezza di Dio. Proviamo a lasciarci riconciliare con Lui, con i fratelli e con il mondo; abbandoniamo la pretesa di essere risposta a noi stessi e alle nostre domande; gustiamo la gioia di lasciarci condurre dalla sua presenza discreta e forte, balsamo per le ferite che portiamo e luce nelle tenebre che avvolgono spesso la vita di ciascuno. Affidiamoci al sacramento della riconciliazione, confessando bene i nostri peccati, ovvero quelle realtà che come pietre pesanti ostruiscono il gioioso fluire della vita:
– Atteggiamenti criminosi;
– Calunnie infamanti;
– Risentimenti radicati nell’odio e nella violenza vendicativa;
– Negazione della vita mediante gesti abortivi che, a più livelli tolgono speranza al futuro;
– Scelte in cui omettiamo di schieraci per il bene negandogli la possibilità di farsi strada;
– Compromessi fraudolenti in cui si addormenta la coscienza dinanzi all’appello della verità.
Come affermava Isacco di Ninive, padre del deserto, “Colui che riconosce il proprio peccato è più grande di chi risuscita i morti”. Il Natale è spazio privilegiato di ritrovata tenerezza e di riconciliazione con il mondo Accogliamo, dunque, l’invito del Santo Padre ad attraversare la “porta santa”. Varcare quella soglia vuol dire lasciare al di qua noi stessi, con le nostre miserie, per incontrare, al di là, il Signore, pronto a donarci la sua vita. È nell’attraversare la porta della misericordia, che si compie il miracolo dell’Amore, quel mirabile scambio in cui la Sua divinità assume la nostra umanità e la libera da ogni peccato, da ogni colpa, da ogni pena, e dove il perdono diviene riconciliazione, percorso in cui imparare a vibrare di compassione e tenerezza per tutti.
Auguri, miei cari fratelli e sorelle, il Natale, in questo Anno Giubilare, ci conduca a indossare le vesti dell’umiltà, dell’ascolto, della fedeltà, dell’attenzione, dell’apertura e gratuità. Entreremo così nella terra della tenerezza, capaci di abbattere giudizi e false certezze, ideologie, principi, credenze religiose, per riconoscere l’altro nella sua verità propria, nella sua dignità, in ciò che lo rende diverso da me e figlio amato da Dio… unico e irripetibile.
Buon Natale a tutti! Vostro
+ don Giuseppe
Arcivescovo