Rossano – In meno di un mese, il centro storico perde due pezzi della sua storia. Gli alimentari Matarazzo e l’orto-frutta Carbone, da decenni punti di riferimento per i residenti, sono stati costretti a chiudere definitivamente. Due saracinesche abbassate per sempre che raccontano molto più di una crisi economica: rappresentano un sintomo evidente di un malessere più profondo.
Corigliano-Rossano è in agonia, schiacciata tra promesse scintillanti e una realtà fatta di abbandono. Secondo il consigliere comunale Giancarlo Bosco del Movimento del Territorio, la città sarebbe guidata da un “pifferaio magico”, capace di incantare con parole e programmazioni da libro dei sogni, ma sordo al grido di chi resiste nei quartieri più dimenticati.
Dal 2019 a oggi, centinaia di residenti hanno lasciato il centro storico, scoraggiati da condizioni sempre più difficili: servizi assenti, degrado urbano, zero visione futura. Un esodo lento e silenzioso, che lascia strade vuote e negozi deserti. Le due recenti chiusure non sono che la punta dell’iceberg: altri esercenti hanno già annunciato la loro intenzione di mollare, stremati da costi insostenibili e da un sistema che li ha lasciati soli.
Il malessere non risparmia nemmeno lo scalo cittadino: tanti locali commerciali sono vuoti, in affitto o in vendita. La città intera fa i conti con una crisi economica profonda, mai vista prima. Molte famiglie non arrivano a fine mese, sopravvivono contando gli spiccioli prima di fare la spesa. Vivere, dice Bosco, dovrebbe significare poter andare a cena fuori, fare un viaggio, non dover pesare ogni euro.
La Calabria oggi è la regione più povera d’Europa, e Corigliano-Rossano è tra le città con il più alto tasso di emigrazione all’estero secondo i dati Aire. E mentre altre realtà come Crotone attraggono investimenti e aziende, qui regna l’immobilismo. “È come uno schiaffo alla miseria – afferma il consigliere – mentre altrove si costruisce, da noi si chiude”.
Un parallelismo amaro, quello con la leggenda tedesca del pifferaio magico di Hameln, che con la sua musica portò via tutti i giovani del paese. “Qui – conclude Bosco – sta succedendo la stessa cosa: la nostra gioventù emigra e la città resta vuota, dimenticata, senza prospettiva”.
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