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Editoriale. Aeroporto nella Sibaritide: chi la spara più grossa?

L’ennesima boutade sull’apertura di un aeroporto nella Sibaritide torna a invadere il corposo fascicolo delle inutilità, con l’ormai abituale vuoto di dati a sostegno. Nessuna analisi sui flussi di passeggeri, nessuna verifica sul bacino di utenza, e zero attenzione alla sostenibilità economica. Un’idea che appare più come un diversivo che un progetto reale. Ma mentre si sognano piste di decollo inesistenti, le infrastrutture stradali e ferroviarie della zona restano ferme al palo, bloccate non solo da poteri centralisti, ma anche da interessi economici che orbitano attorno agli scali di Bari Palese e Lamezia Terme. Mettiamo un po’ d’ordine. La Lombardia, con i suoi 10 milioni di abitanti, ha 4 aeroporti; la Calabria, con appena 1,8 milioni, ne ha tre, due dei quali — Reggio Calabria e Crotone — sono in grave difficoltà. A Lamezia Terme transitano quasi 3 milioni di passeggeri all’anno, ma gli altri scali arrancano: Reggio non supera i 300.000 passeggeri, mentre Crotone chiude con circa 200.000. E ora si parla di aggiungere un quarto aeroporto nella Sibaritide? Qual è il senso, quando persino gli scali esistenti fanno fatica a reggersi in piedi? Oppure si chiede di chiudere Crotone e per aprirne uno nella Sibaritide mentre si tace sul rafforzamento del sistema trasportistico dalla Sibaritide e Crotone,  non facendo un minimo di battaglia sul perché sia stata esclusa (statale 106) solo la tratta Corigliano-Rossano – Crotone dalla fase operativa dei finanziamenti. E cosa fanno i mandatari del centralismo? Lanciano l’idea di sopprimere Crotone per aprire a Sibari, così da creare ostilità tra le aeree più forti della Calabria se messe assieme. Secondo l’ENAC, per aprire un aeroporto di medie dimensioni serve un bacino di 1-2 milioni di abitanti e un traffico annuo di 500.000-1 milione di passeggeri, con proiezioni di crescita costante per almeno dieci anni. Cifre che nella Sibaritide sono pura fantasia. Eppure, l’idea si ripresenta puntuale, senza che nessuno consideri le reali esigenze del territorio o le sue potenzialità.

Chi frena davvero il progresso?

Il problema è chiaro: non si vuole investire nelle infrastrutture che collegano la Sibaritide al crotonese. La SS106, con adeguamenti mirati, potrebbe permettere di raggiungere l’aeroporto di Sant’Anna in soli 40 minuti. Collegamenti ferroviari veloci e lo sfruttamento delle vie marittime, con i 24 porti del golfo, potrebbero trasformare la mobilità regionale. Eppure, queste soluzioni vengono sistematicamente ignorate. Perché? Oltre ai soliti poteri centralisti, che lasciano la Sibaritide nella cronica arretratezza infrastrutturale, esistono interessi economici che ruotano attorno agli scali di Bari Palese e Lamezia Terme (i due scali che assorbono l’utenza della Sibaritide).  La realtà è che le priorità del territorio continuano a essere ignorate. Si sventolano progetti faraonici e irrealizzabili, mentre le infrastrutture necessarie rimangono bloccate da resistenze politiche ed economiche. L’utenza della Sibaritide, costretta a dividersi tra Bari e Lamezia, non merita di restare ostaggio di questi giochi di potere. La Sibaritide dorme, ma chi governa queste dinamiche non dorme mai: difende i suoi interessi a scapito di un intero territorio. Un consiglio a chi insiste con queste boutade: lasciate perdere i sogni ad alta quota. Costruite strade, ferrovie, porti. Il futuro della Sibaritide non è nei cieli, ma nella terra che ancora aspetta di essere connessa.

Matteo Lauria – Direttore I&C

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