In Italia, ogni discussione su autonomia differenziata sembra inevitabilmente trasformarsi in un gioco politico, dove le alleanze e le posizioni sono scavate profondamente nelle trincee ideologiche. Questa tendenza a politicizzare ogni aspetto dell’autonomia differenziata riflette una storia di decisioni politiche discutibili e di conseguenze spesso trascurate. Quando il dibattito sull’autonomia differenziata emerge, è inevitabile rivolgere lo sguardo al passato recente, quando il Sud, con una voce quasi assente, assisteva al processo di privatizzazione e di aziendalizzazione che caratterizzava il periodo dei governi Berlusconi e Prodi. In quel frangente storico, le scelte furono fatte senza il necessario dibattito pubblico sulle implicazioni a lungo termine, trascurando a volte anche i principi costituzionali che avrebbero dovuto tutelare il benessere di tutte le regioni italiane, indipendentemente dal loro sviluppo economico.
L’introduzione della logica del profitto e della valutazione costi-benefici nel settore dei servizi ha avuto conseguenze disastrose per molte regioni del Sud e in particolare per la Calabria. Un esempio su tutti lo abbiamo patito proprio lungo l’asse jonico: stazioni ferroviarie soppresse, tribunali e ospedali chiusi a causa della mancanza di utenza, infrastrutture stradali non realizzate. Settori cruciali come la sanità, la giustizia e l’energia hanno subito tagli che hanno compromesso ulteriormente il tessuto sociale ed economico delle comunità meridionali. Ora, con l’argomento dell’autonomia differenziata nuovamente sulla tavola delle discussioni, ci si chiede dove fossimo noi tutti meridionali durante quelle decisioni che hanno ucciso lo sviluppo del Sud e della Calabria in particolare.
Penso che l’autonomia differenziata non fosse un tema emergenziale in questa fase storica. Tuttavia credo che la reazione dei meridionali sia piuttosto tardiva rispetto a un passato di decisioni centralizzate e spesso dannose per il Sud. Come bilanciare la necessità di maggiore autonomia regionale con l’esigenza di solidarietà nazionale e coesione sociale? L’autonomia differenziata può essere uno strumento utile se gestita con attenzione e consapevolezza delle lezioni apprese dalle esperienze passate. Per risolvere le disuguaglianze e le sperequazioni regionali e promuovere lo sviluppo equo in tutto il paese, sono necessarie riforme strutturali ben più radicali e un impegno politico che vada oltre i confini regionali e partitici. Solo affrontando apertamente il passato e imparando dalle sue lezioni, possiamo sperare di costruire un futuro in cui l’autonomia regionale sia un motore di sviluppo inclusivo per tutte le regioni italiane, non solo una risposta ritardata alle ingiustizie del passato. Lep o non Lep.
Matteo Lauria – Direttore I&C