Ebbi modo di affrontare mediaticamente intorno agli anni novanta la problematica dell’abusivismo edilizio demaniale, all’epoca facevo radio e, nell’ambito di trasmissioni quotidiane in diretta, mi battevo per la demolizione delle aree interessate. Intervento di bonifica che iniziava a trovare attuazione intorno agli anni duemila sotto la sindacatura Caputo. Un’operazione importante e significativa sotto il profilo della bonifica legale e ambientale. Si liberavano tratti di spiaggia di Momena, Torre Pinta, Zolfara. Peccato, però, che tali interventi non si rivelavano funzionali a un piano di sviluppo turistico adeguato, tale da produrre posti di lavoro. Ma questo è altro argomento. Quello che invece mi preme sottolineare è la procedura in atto per quanto attiene i fabbricati abusivi e, in particolare, quelli sottoposti in zone ad alto rischio idraulico. Qui le norme parlano chiaro e attribuiscono alla burocrazia tempi e modalità d’intervento. In particolare ai comuni: il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale rilevata la violazione (assenza di permesso a costruire) ingiunge al privato la rimozione o la demolizione dell’opera abusiva che dovrà essere eseguita a spese del responsabile dell’abuso. Quanti alti burocrati danno seguito a queste procedure? E quando ciò avviene e il privato si oppone mediante ricorso al Tar quanti sono i comuni che si costituiscono in giudizio? Ecco che tutto si arena e vanno a farsi benedire i provvedimenti di facciata quali sequestri e misure preventive di portata analoga. Nel frattempo il privato (irresponsabile) continua a fare uso dei fabbricati in barba a ogni norma e legge, appellandosi a uno pseudo stato di diritto che offre varie interpretazioni normative e alibi di ricotta. In tutto questo, ovviamente, parte dell’avvocatura ci sguazza. Ecco dunque il problema vero delle connivenze che vede coinvolta finanche parte della magistratura amministrativa. La vera rivoluzione in Italia è quella che deve vedere in primo luogo impegnata la pubblica amministrazione: “chi sbaglia paga”, senza attenuanti. Spesso il burocrate si cela dietro il principio dell’agire nell’interesse dell’ente che rappresenta. Tale principio cozza pienamente con l’inapplicazione di norme dello Stato. A fronte di ciò chi risponde e a chi? Abbiamo creato un sistema di baroni del sapere di carta che vivono solo di titoli per aggiudicarsi concorsi e collocarsi in posizioni in cui l’unico elemento prevalente è la gestione di un potere. Complimenti alla politica che ha concepito questo sistema e a noi tutti cittadini che continuiamo a tollerarlo…
Matteo Lauria – Direttore responsabile I&C