Editoriale. Con chi ha tramato per la chiusura del tribunale non riuscirei a prenderci neanche un caffè

L’Italia è un Paese dove la dignità, il senso di giustizia e il rispetto per la cosa pubblica dovrebbero essere i pilastri su cui si fonda ogni azione politica. Tuttavia, l’osservazione della realtà spesso ci mostra uno scenario ben diverso, in cui l’interesse privato, la mancanza di trasparenza e la connivenza prevalgono su quei valori che dovrebbero guidare le decisioni politiche, specialmente quando queste hanno un impatto così forte sulla vita delle persone e sul futuro dei territori.

Un esempio lampante di questa deriva è la chiusura del Tribunale di Rossano, una decisione che ha suscitato indignazione e amarezza tra i cittadini della Sibaritide e del Pollino, e che continua a provocare effetti devastanti sul tessuto socio-economico della zona. La chiusura del Tribunale non è solo una ferita aperta per la giustizia del territorio, ma anche un simbolo di come la classe politica, in particolare quella del Pollino, abbia agito in modo da tradire la fiducia che i cittadini dovrebbero riporre verso le istituzioni, portando avanti un progetto che ha sacrificato le esigenze della comunità jonica in nome di interessi localistici. Se questa è la forma mentis come si può avviare un dialogo che una classe dirigente che ragiona così. La politica non può e non deve essere questa.

È vero che ognuno è libero di fare ciò che crede, ma quando si riveste un ruolo pubblico, la libertà individuale deve necessariamente essere subordinata al bene comune. È proprio qui che entra in gioco la dignità, un valore imprescindibile per chi è chiamato a rappresentare i cittadini e a prendere decisioni che riguardano la collettività. La classe politica del Pollino, invece, sembra aver tradito questo principio fondamentale, tramando dietro le quinte per chiudere il Tribunale di Rossano e favorire un’operazione che ha avvantaggiato il proprio territorio. Per alcuni, soprattutto per gli opportunisti, è un’operazione giusta per me no, perché deve essere prevalente il bene comune. Provate a immaginare se ogni parlamentare ragionasse così, il presidente del consiglio dei ministri pro tempore impazzirebbe!

Penso che la chiusura del Tribunale di Rossano sia stata il risultato di un piano orchestrato con cinismo e senza alcun riguardo per le conseguenze che avrebbe avuto su una vasta porzione di cittadini. Gli effetti negativi di questa scelta sono sotto gli occhi di tutti: avvocati costretti ad abbandonare la loro professione e a trasferirsi al Nord per cercare nuove opportunità, commercianti che hanno visto il loro giro d’affari crollare, una cooperativa di vigilanza che ha perso il proprio lavoro dall’oggi al domani, e centinaia di persone che ogni giorno devono spostarsi verso Castrovillari per vedere riconosciuti i propri diritti.

L’elenco dei drammi causati dalla chiusura del Tribunale di Rossano è lungo e doloroso. Si tratta di storie di sacrifici vanificati, di famiglie sradicate, di speranze infrante. Tutto questo è accaduto perché pezzi dello Stato, pagati con i soldi dei contribuenti per garantire giustizia e equità, hanno manipolato la realtà, falsando relazioni e sostenendo che un Tribunale come quello di Castrovillari, originariamente costruito per una popolazione di 120 mila abitanti, potesse accogliere il doppio delle persone, in spazi che venivano descritti come sovrabbondanti. Una narrazione che oggi appare ridicola e offensiva per chiunque conosca la verità.

In questo scenario desolante, la classe politica castrovillarese ha scelto il silenzio, attendendo che la tempesta passasse per poi programmare l’ampliamento del proprio Tribunale. Questi comportamenti non sono solo inaccettabili da un punto di vista etico-morale, ma sono anche un tradimento nei confronti di quei cittadini che avevano riposto fiducia nelle istituzioni e che oggi si sentono abbandonati e traditi. La politica, invece di tutelare gli interessi della comunità, ha scelto di piegarsi a logiche di potere e di opportunismo.

Oggi, a distanza di anni, il quadro non sembra essere cambiato. Corigliano Rossano, una città di 80 mila abitanti, non esiste nei corridoi dei ministeri romani, dove invece si continua a dare spazio a Castrovillari, un comune di appena 20 mila abitanti. Questo squilibrio è la dimostrazione di come la politica abbia fallito nel rappresentare le vere esigenze del territorio, preferendo perpetuare una logica di disparità che penalizza i centri più grandi e dinamici a favore di interessi locali che poco hanno a che fare con il bene comune.

Non posso fare a meno di chiedermi come sia possibile che oggi, di fronte a un progetto di decentramento amministrativo e alla proposta di creare una nuova provincia, si possa ancora pensare di dialogare con quella stessa classe politica che ha affossato Corigliano Rossano sul piano del prestigio, dei servizi e dell’autorevolezza. È una scelta che trovo incomprensibile e che tradisce una mancanza di dignità territoriale che non posso che condannare.

Conosco il sindaco di Corigliano Rossano, Flavio Stasi, e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, ma su questo tema credo che abbiano peccato gravemente. Non si può pretendere di costruire un futuro migliore per la propria comunità se si continua a dialogare con chi ha dimostrato di avere a cuore il proprio benessere collettivo attraverso l’inganno. Il rifiuto categorico di considerare una proposta di provincia costiera, che guardi alla Magna Graecia e che abbracci Crotone, è un errore strategico che rischia di isolare ancora di più Corigliano Rossano e di penalizzare un’area che ha già sofferto abbastanza.

In questo contesto, vedo anche una mancanza di sensibilità nei confronti di quei territori, da Crotone a Corigliano Rossano, i cui cittadini sembrano essere considerati figli di nessuno. Basta pensare alla situazione della Statale 106, l’unica arteria di collegamento tra queste città, che continua a essere trascurata e non finanziata, nonostante sia una delle più bisognose di interventi. È un segnale chiaro di come le priorità della politica siano altrove e di come si continui a ignorare le vere esigenze di chi vive in queste zone. Per quanto mi riguarda con l’attuale classe politica castrovillarese non riuscirei ad aprire un dialogo, considerati i trascorsi, in attesa di un ricambio generazionale.

 Matteo lauria – Direttore I&C

3 risposte

  1. Gli abitanti non solo si contano ma si pesano pure e le cose non vanno di pari passo. Un esempio: gli abitanti del Piemonte “pesano” di più di qualsiasi regione meridionale.
    Nel “peso” si calcola il grado culturale oltreché economico, la coesione sociale, il grado di senso civico e socialità, il tasso di criminalità sia dei colletti bianchi oltre che blu e neri.

  2. Penso che hai ragione caro Direttore. Tuttavia penso che la chiusura del tribunale era doverosa perché il CSM non voleva prendere altri tipi di provvedimenti. Penso altresì che la riapertura del tribunale non possa prescindere dal fatto che giudici e pm non dovrebbero essere del luogo e nemmeno Calabresi e non dovrebbero permanervi per più di 4 anni, almeno fino alla normalizzazione. Un caro saluto da Salvatore

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