Poiché non amiamo sottrarci alla spirito di confronto, quando questo è da ritenere costruttivo, rispondiamo ad alcuni commenti giunti a seguito dell’editoriale (link: https://informazionecomunicazione.it/editoriale-elezioni-a-proposito-di-informazione/)
Il Sig. Elia Aldo Mingrone commenta: “ Una domandina pertinente e facile facile: Ma la tua informazione è libero oppure no?”.
Sig. Mingrone, la nostra testata è autonoma e indipendente, non deve dare conto a nessuno se non a noi stessi. Ciò non si traduce necessariamente in libertà assoluta. Tenga conto che si tratta di una struttura associativa che non gode di finanziamenti pubblici né introita proventi dai lettori. Se poi la domanda è rivolta a me personalmente (noi analizziamo i processi sociali, non amiamo personalizzare), ebbi già modo di risponderLe in un’altra occasione nell’ambito di un post di un comune amico. E francamente ribadirLe la mia storia giornalistica che si presterebbe ad atti di autoreferenzialità (cosa che odio) credo sia poco importante sotto il profilo dell’interesse generale. Se vuole, però, Le rispondo in privato, o davanti a un caffè. Se me lo concederà.
L’amico (non so se azzardo) Leonardo Arci commenta:“Matteo, non credo che schierarsi (esporsi a favore dell’uno o dell’altro) sia di per sé indice di non credibilità del giornalista. La sua credibilità viene da ciò che scrive. Solo da quello. Tu lo sei- sai cosa penso – a prescindere dall’esserti schierato o meno. Però non possiamo neppure pensare che chi non si schiera non abbia sue preferenze e sia credibile solo per il fatto di non essersi esposto apertamente. In alcuni casi mantenere questa facciata di equidistanza è il paravento dietro cui nascondere subdolamente, la propria appartenenza”.
Caro Leonardo, i cittadini oggi chiedono sempre di più il diritto ad un’informazione precisa, credibile, trasparente. L’aggiornamento deve essere continuo e costante, ti devi adeguare ai tempi. E sai benissimo che tutto questo produce anche dei costi. Che in una economia debole come la nostra spesso induce, particolarmente la parte del precariato, a scendere a compromessi aprendosi alle condizioni di ricattabilità a tutti note. Ecco perché sposo la causa, ma su questo nessuno ci ascolta, di abolire il finanziamento pubblico rivolto alla stampa di parte (editori con interessi in altri settori che usano i media come luogo di potere) e di destinarli in via esclusiva a soggetti giuridici composti da giornalisti così da garantire stipendi da un lato e, soprattutto, la invocata autonomia e indipendenza.
Quel che rimane immutato è un principio: il giornalista non deve nascondere alcuna notizia, attenersi ai principi della buona fede, non deve fare pubblicità, palese od occulta, non subordinare l’informazione ai propri interessi o a quelli di terzi. Tutto ciò rischia di essere compromesso quando si è di parte. Aggiungi che la soccombenza a tali principi ha ragioni prevalentemente economiche. Perché, come sai, abbiamo creato una società tutta incentrata attorno al Dio denaro.
Matteo Lauria