Corigliano Rossano – A pochi mesi dallo storico appuntamento elettorale ci ritroviamo nel disordine più totale. Più candidati per il “SI” alla fusione in contrapposizione tra di loro senza conoscere le motivazioni delle diversità, e il solitario candidato grillino in attesa di input romani in materia di alleanze. E’ indubbio, se non vi fosse la bramosia dell’occupare un posto ritenuto di potere a tutti i costi, si poteva fare senz’altro di più e meglio. Oggi si rischia di sciupare un’occasione storica per le due ex città e, badate bene, le ragioni sono prevalentemente da addebitare all’accentuato individualismo, nulla di politico o di programmatico, ma solo la smania di protagonismo finalizzato alla conquista di uno scranno. Sarebbe stato illuminante proporre uno strumento costituente, come qualcuno aveva proposto ma senza anteporre candidature, accompagnato da un programma chiaro e trasparente di lotta alla povertà e alla precarietà, mediante politiche di vero rilancio del territorio e di sviluppo. Tutti sotto un unico tetto e poi magari aprirsi alle primarie quale istituto selettivo di governo transitorio.
Ciò che non si comprende è che la vera lotta non è ancora iniziata. Il futuro sindaco avrà bisogno del sostegno di tutti. Non sarà facile avviare quel processo rivendicazionista che l’area jonica urla da sempre. I tentacoli di una certa classe politica cosentina riescono a corrompere, facendolo con arguzia. E allora immaginiamo un sindaco eletto con una maggioranza magari flebile e con un gruppo di consiglieri pronti a svendersi al primo “toc toc” del cosentinismo colonizzante… Così come accadde in passato, in talune circostanze. Lo scenario attuale è invece la divisione in più blocchi delle due ex città. Ma dove vogliamo andare? Da un lato il raggruppamento pro Graziano, che non ha ancora ufficializzato la candidatura, dall’altro i vari Stasi, Promenzio e Fiorentino, magari pronti ad aggregarsi in sede di ballottaggio in una logica del “tutti contro uno”. E senza esclusione di colpi. In tutto questo i partiti non stanno svolgendo alcun ruolo, perché timorosi dell’anti politica, del giovanilismo imperante e del rinnovamento. Tre elementi che, almeno in questa fase, iniziano un po’ a vacillare, se è vero come è vero che si rimpiangono personalità di spiccato rilievo come i vari Mancini di un tempo. Partiti anche importanti che faranno scelte di campo nell’anonimato, quasi debbano vergognarsi della loro esistenza. Siamo all’assurdo. Alcuni dei candidati sono disponili a scendere a patti con il diavolo pur di… E’ questa la politica? Poi ci lamentiamo del perché vi siano scioglimenti anticipati di consigli comunali per sfiducia ai sindaci, o per infliltrazioni di vario genere.
Il grande rammarico è che alla fine sia prevalsa la logica dei personalismi, sciupando un’occasione meravigliosa, voluta dalla gente, che poteva costituire elemento aggregante di integrazione politico/sociale. La maturità dei singoli non è prevalsa, nonostante gli inviti provenienti anche dalla Chiesa. Né vi sono le condizioni ambientali affinché si possa tornare indietro. E d’altronde rispecchiamo pienamente l’indole territoriale di sempre: rissosi, litigiosi, spocchiosi, megalomani. L’auspicio è che almeno ci si rispetti, e che si dia vita a una campagna elettorale di alto contenuto, in cui prevalga la visione di territorio, le regole da darsi, e soprattutto l’idea di una programmazione integrata.
Matteo Lauria – Direttore testata giornalistica I&C