Nelle ultime ore ho avuto modo di coordinare i lavori di un evento organizzato dall’Osservatorio permanente sugli effetti e la gestione della fusione, al quale ha preso parte il commissario prefettizio Domenico Bagnato, a cui va dato atto di aver parlato il linguaggio della verità quando afferma che a pochi è entrato nella testa il concetto di città unica. Nei tanti, a cui non è entrato nella testa il processo di fusione, vi è una parte del personale comunale, dipendente pubblico (dimentica facilmente cosa significa da queste parti avere la fortuna di uno stipendio), pagato con i soldi dei cittadini , gli stessi che dall’urna hanno detto si alla fusione e di cui quei dipendenti pubblici se ne infischiano per condotta e comportamenti di ostacolo alla fusione.
Il commissario Bagnato ha radiografato una situazione. Noi tutti invece abbiamo il dovere di affrontare le questioni chiedendo al commissario di non essere indulgente nei confronti di quei dipendenti pubblici che manifestano resistenze al cambiamento, producendo con i loro atti danni alla pubblica amministrazione. Mobilità, trasferimenti, spostamenti e nei casi estremi provvedimenti disciplinari, sono queste le disposizioni da assumere nei confronti di chi tradisce l’indicazione voluta dagli elettori. L’eccessivo buonismo o il sorvolare determina un rallentamento, oltre che disagi, del processo.
Si è messo in moto un meccanismo sottile secondo il quale tutto ciò che non va sia da imputare alla fusione. Niente di più falso! C’è chi specula purtroppo sull’ignoranza. Al momento l’unico disagio derivante dal processo di fusione è il ritardato pagamento ai soggetti terzi (imprese, consulenti, professionisti, etc etc). E anche qui, la responsabilità è di chi non ha avviato un lavoro preparatorio sin dal primo atto deliberativo che risale al 2015. Tre anni persi, in cui la classe politica ha preferito litigare e azzuffarsi e non già predisporre il tutto così da facilitare il compito ai commissari ed evitare le problematiche inerenti i pagamenti.
E oggi, a fusione fatta, anziché ritrovarsi uniti e compatti e dare luogo a una campagna rivendicazionista al fine di ottenere quanto la legge prevede per le fusioni siamo ancora costretti a leggere prese di posizione legate agli uffici (perché a Corigliano o Rossano e viceversa), servizi, finanze ( Rossano in presunto dissesto, Corigliano sotto l’egida della procura della corte dei conti), etc etc … L’immaturità dilaga. Un gioco selvaggio autolesionista, privo di prospettiva, irresponsabile, senz’anima né progettualità, che colpisce prevalentemente le fasce sociali deboli, i disoccupati, le imprese, le famiglie.
Anche quel popolo del No che si dichiarava favorevole alla fusione ma che si opponeva (nella fase pre referendaria) perché progetto frettoloso e senza uno studio di fattibilità ora si ostina in una campagna contro, anche dopo l’esito dell’urna e la legge approvata. Ma cosa si pensa di ottenere? Nel 2019 si andrà alle urne improntando una campagna elettorale mettendo contro i Si e i No con l’unico effetto di retrocedere di oltre 30anni al campanilismo di un tempo, contaminando di “vecchio” le nuove generazioni? Appaiono poi fermamente contraddittorie le posizioni dell’ex sindaco di Corigliano Giuseppe Geraci che dapprima, nel 2016, approva l’atto d’impulso pro fusione, salvo poi accorgersi ed eccepire situazioni a più riprese che riguardano il comune di Rossano sul piano economico, trascurando ciò che afferma il suo ex assessore di fiducia Enzo Claudio Siinardi per ciò che attiene le casse comunali del Garopoli. Siamo ancorati alla politica dei piccoli comuni. Cambiamo prospettiva, voliamo alto e ragioniamo in grande. I temi sono tanti e scottanti: finanziamenti, infrastrutture, sanità, giustizia, territorio, urbanistica, lavori pubblici, lavoro, occupazione, Enel, turismo, ambiente, marketing culturale, etc etc…
Dobbiamo stare attenti perché finora è avvenuta l’estinzione dei comuni sul piano formale in chiave politico-amministrativa per dare vita a una grande città i cui benefici si potranno riscontrare dopo l’insediamento di un organo politico, ma il rischio più grave è che se si continua nella povertà di atteggiamenti e di idee da qui ai prossimi 10/20 anni l’estinzione avverrà nei fatti in quanto queste terre si spopoleranno definitivamente. E allora si non avremo né identità né dignità territoriale. Processo, d’altronde, già iniziato basta dare uno sguardo ai dati relativi all’emigrazione.
Matteo Lauria – Direttore responsabile I&C
Una risposta
Misurato ma efficace, assoluta la necessità di cercare di far capire al comune cittadino di guardare oltre la punta delle scarpe e Lei riesce a farlo. Necessaria anche la sollecitazione al commissario di disfare gli orticelli dei responsabili dell’amministrazione comunale, forse anche di prendere iniziative che non permettano ad altri di prenderne in autonomia, come per il futuro della centrale