L’ultimo brutale omicidio a Rossano ha scosso le coscienze e riaperto la discussione su un problema ormai endemico: la presenza inestirpabile della ‘ndrangheta. Mentre la criminalità organizzata continua a gettare un’ombra oscura in tutto il comprensorio, è fondamentale chiedersi: quanto ancora dobbiamo aspettare prima che lo Stato decida di intervenire in modo significativo? Gli eventi che si sono susseguiti nel tempo hanno confermato, in modo sconcertante, che la ‘ndrangheta è ben radicata nella Sibaritide.
Siamo ancora in attesa di sviluppi concreti, nonostante le promesse fatte in passato per la riapertura del tribunale di Corigliano Rossano; si era parlato di elevare il commissariato di pubblica sicurezza a un Distretto di polizia e tutto rimane fermo. Si era pensato nel tempo all’idea di elevare a Gruppo i carabinieri, proposta che si è tradotta in un aumento in grado del vertice (dato positivo) senza un aumento corrispondente dell’organico, e la compagnia di Rossano è stata soppressa. Mentre da tempo si convive con il timore che anche la Guardia di Finanza possa essere accorpata altrove. La comunità si trova costantemente in uno stato di incertezza, senza una presenza stabile e adeguata delle forze dell’ordine per proteggerla. Il personale operante fa quel che può, ma l’idea di lavorare sott’organico produce diseconomie nella gestione delle risorse umane. La domanda fondamentale è: quanto ancora dobbiamo aspettare prima che la classe politica, sia di maggioranza che di opposizione, agisca con decisione? Quante altre vite devono essere sacrificate prima che si prendano misure concrete? Lo Stato quando vuole sa esserci, basta vedere la reazione relativamente al decreto Caivano sulla vicenda dello stupro. Nella Sibaritide e a Corigliano Rossano colpi di pistola in testa, due lupare bianche, e tutti i morti ammazzati del passato, incendi, rapine, furti, violenze sessuali, non fanno rumore. Cosa dobbiamo attendere ancora? Cadono nel vuoto persino le dichiarazioni del procuratore capo dell’antimafia Nicola Gratteri quando parla di carenza di uomini e mezzi e dell’errore fatto in passato di chiudere il tribunale di Corigliano Rossano. La lotta contro la criminalità organizzata richiede un impegno costante e determinato da parte di tutte le istituzioni. È ora che i politici smettano di limitarsi a comunicati stampa e interrogazioni parlamentari. È ora di passare all’azione concreta. È necessario aumentare la presenza delle forze dell’ordine, migliorare l’efficacia delle indagini e garantire una giustizia rapida ed equa per i criminali. È necessario adottare misure preventive per impedire che la ‘ndrangheta recluti giovani vulnerabili. È necessario coinvolgere attivamente la comunità nella lotta contro la criminalità organizzata, incoraggiando la denuncia e offrendo supporto alle vittime. La Sibaritide ha subito abbastanza. È ora di agire, di mostrare che lo Stato è presente e determinato a proteggere i suoi cittadini. Non possiamo permettere che la ‘ndrangheta continui a prosperare nell’ombra. Fermo restando che se non si creano posti di lavoro saremo sempre costretti a convivere con il cancro della malavita organizzata.
Matteo Lauria – Direttore I&C