Negli ultimi giorni, il caso di Guglielmo Caputo e il suo presunto utilizzo di un falso profilo social per attaccare avversari politici ha catalizzato l’attenzione pubblica e mediatica in perfetto stile paesano, altro che terza città della Calabria. Ciò che stupisce non è tanto la vicenda in sé quanto l’accanimento quasi incredulo di una società che sembra scoprire l’acqua calda. L’interessato ha già chiarito in un post l’estraneità circa l’accaduto, tuttavia ciò che meraviglia che in un’epoca dove la manipolazione delle informazioni è all’ordine del giorno e dove le campagne elettorali, sia locali che internazionali, si costruiscono spesso su tattiche discutibili, ci si scandalizza per un “nick fasullo”. È un paradosso che in una società dove la corruzione e le pratiche scorrette sono ormai all’ordine del giorno, ci si agiti per un episodio che, pur sbagliato, non rappresenta certo una novità nel panorama politico. Durante le campagne elettorali accade di tutto, da parte di persone che si ritengono perbene ma che si trasformano in vampiri dei social o per un tozzo di potere o per mero servilismo a volte non richiesto. Si tace sul fatto che vi è un impennata di casi Covid e nonostante la città di Corigliano Rossano si sia offerta nell’assumersi la responsalità di ospitare un Polo al “Giannettasio” oggi, nel caso di ricoveri urgenti non vi è più possibilità. Si tace sulla necessità di elevare a capoluogo la città di Corigliano Rossano, perdendo fondi e prestigio, perdendo la possibilità di avere reparti insieme a Crotone di eccellenza o un Hub ospedaliero. Si tace su tutte le questioni emergenziali che potrebbero produrre posti di lavoro come il calo vertiginoso di presenze a Lido Sant’Angelo. E su cosa perdiamo energie e tempo? Su Guglielmo Caputo che avrebbe realizzato un nick falso facendone un caso politico!
Siamo di fronte a un fenomeno di bigottismo che non solo ignora le gravi problematiche della nostra epoca, ma si accanisce su dettagli che, per quanto deplorevoli, sono ben lontani dal rappresentare il cuore della corruzione o dell’illegalità sistemica. Il caso di Caputo, pur se riprovevole qualora dovesse essere riscontrata la paternità del gesto, è solo la punta di un iceberg ben più grande e complesso. La verità è che la nostra società è compromessa fino al midollo, e questa ipocrisia non fa che aumentare il distacco tra le reali problematiche e le futili polemiche. È necessario un cambio di prospettiva: smettere di agitare casi marginali e concentrarsi su una vera decenza e rispetto, evitando di trasformare ogni piccolo scandalo in una crociata di ipocrisia. In passato, un avviso di garanzia poteva bastare a far cadere una carriera, oggi il limite sembra essersi alzato, rendendo quasi meritoria la condizione di accusato. In questo contesto parliamo di un nick?