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Editoriale. La politica della lampadina: quando il minimo diventa rivoluzione

È sconcertante che la politica alle nostre latitudini venga giudicata ancora sulla capacità di cambiare una semplice lampadina (Una provocazione). Una luce accesa in un lampione pubblico diventa occasione di festa, orgoglio civico e persino motivo per attribuire meriti politici. L’argomento principale? «Almeno hanno fatto qualcosa, prima nemmeno questo». Una frase emblematica che fotografa perfettamente la pochezza dell’elettorato disposto ad accontentarsi del minimo sindacale.

Bisogna ricordare che cambiare lampadine o riparare strade non dovrebbe essere motivo di applausi per politici e amministratori, soprattutto perché queste attività, per effetto della legge Bassanini, competono alla burocrazia e non alla politica. Eppure, nel Sud e in particolare in Calabria, queste piccole manutenzioni continuano a rappresentare un enorme risultato amministrativo. Si esulta per l’ordinario mentre i giovani calabresi emigrano per trovare lavoro altrove, spesso in Germania o in altre regioni italiane più sviluppate.

Ma davvero ci basta così poco? Non dovrebbe essere l’economia, l’occupazione e il futuro dei giovani il metro con cui valutare la politica locale? L’elettore calabrese deve iniziare a chiedere visione strategica, idee chiare sui prossimi vent’anni, progetti che portino lavoro e sviluppo sostenibile. Non basta asfaltare una strada o inaugurare una piazza: sono interventi ordinari e dovuti.

Oggi sembra sfuggire a molti che il sistema pensionistico, già traballante, si regge esclusivamente sul lavoro degli attuali occupati. Ma se non si interviene adesso, chi pagherà le pensioni domani? Senza lavoro, senza economia reale, il futuro sarà inevitabilmente nero. È urgente elevare il dibattito politico, pretendere programmi concreti e misurabili, uscire dalla logica del piccolo favore o della manutenzione minima che diventa «grande opera».

Dobbiamo svegliarci e smettere di celebrare la sostituzione di una lampadina come evento straordinario. Si deve iniziare a esigere molto di più. La vera rivoluzione è smettere di accontentarsi, chiedere conto del futuro, pretendere visioni e programmi credibili e ambiziosi. Solo così si potrà invertire la rotta e sperare in un futuro meno precario.

Matteo Lauria – Direttore I&C

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