Editoriale. La politica e il limite della critica: quando l’attacco sconfina nella dignità

In un tempo di confronti sempre più accesi e spesso spietati, è doveroso riflettere su dove si ponga il confine tra critica politica e attacco personale. Peggio quando si usano persone per colpirne terze. Il dibattito politico dovrebbe essere uno scambio di idee, un confronto su proposte e soluzioni per il bene comune, non una caccia all’uomo o una corsa al massacro mediatico. Purtroppo, però, sempre più spesso assistiamo a dinamiche che trascendono il confronto civile, trasformando la discussione politica in uno spazio dove l’attacco personale diventa la norma. Penso che, talvolta, sia necessario fermarsi a riflettere, soprattutto quando in gioco c’è la dignità delle persone. Un esempio emblematico è la vicenda che ha coinvolto il noto professionista Tonino Caracciolo, oggetto di pesanti critiche durante l’ultima campagna elettorale. Le accuse nei suoi confronti, legate ai progetti PINQUA, hanno scatenato un’ondata di attacchi che, più che concentrarsi sul merito della questione politica o amministrativa, hanno finito per toccare la sfera personale, incidendo profondamente sulla sua immagine pubblica e privata. Se la magistratura sta indagando, è giusto che si attenda l’esito delle inchieste. Nel frattempo, però, Caracciolo ha annunciato delle querele per difendere la propria reputazione. È in questo contesto che c’è da porsi una domanda : fino a che punto può spingersi il diritto di critica? Quando la libertà di espressione – pilastro fondamentale di ogni democrazia – sconfina nella degenerazione del dibattito pubblico, a danno della dignità individuale? Criticare le condotte politiche è legittimo, anzi, è essenziale in una democrazia sana. Ma c’è una linea sottile, e spesso ignorata, tra il giudizio su azioni o decisioni politiche e l’attacco personale che scava nel rispetto e nella dignità della persona. Colpire un politico per la sua condotta pubblica è una cosa, ma ben diversa è minare la sua essenza, insinuare dubbi che vanno al di là della sfera professionale, colpendo la persona e la sua anima. Non possiamo dimenticare che dietro a ogni personaggio pubblico c’è un essere umano, con sentimenti, fragilità e una vita privata.

Questo non vale solo per Caracciolo, ma anche per tanti altri, a destra come a sinistra, finiti nel mirino di critiche eccessive e attacchi personali ingiustificati. Il rischio non è solo di distorcere il dibattito politico, ma anche di diseducare intere generazioni. I giovani, che si affacciano ora al mondo della politica, guardano agli adulti come modelli di comportamento. Quando il dibattito si riduce a un’arena in cui regnano l’insulto e la delegittimazione personale, che messaggio stiamo trasmettendo? Stiamo insegnando che la politica è violenza verbale, diffamazione e scontro a tutti i costi, anziché dialogo, rispetto e confronto costruttivo. In una società democratica, la politica dovrebbe essere innanzitutto progettazione, programmazione e visione del futuro. È giusto e necessario che i rappresentanti pubblici siano messi sotto la lente di ingrandimento, ma con equilibrio e rispetto, tenendo presente che oltre ai politici ci sono persone che meritano tutela. A maggior ragione in una fase in cui la sfiducia nei confronti delle istituzioni è così elevata, il rischio è che il discredito e la denigrazione personale allontanino ulteriormente i cittadini dal confronto politico, alimentando un clima di sospetto e rassegnazione. Ma vi è di più, tornando al caso specifico di Tonino Caracciolo, le accuse che gli sono state rivolte durante la campagna elettorale non sembrano aver inciso particolarmente sul risultato delle urne. Ma il prezzo pagato, come spesso accade in situazioni simili, è stato altissimo in termini di dignità personale e sofferenza interiore. C’è un limite che non andrebbe mai superato, ed è quello della salvaguardia della dignità umana, un valore che dovrebbe essere sempre al centro del confronto politico e sociale. Le inchieste giudiziarie faranno il loro corso, è giusto che se ne sia parlato anche pubblicamente, ma nel frattempo, come società, dovremmo interrogarci sul perché perseverare e che tipo di politica vogliamo promuovere. È davvero utile e costruttivo abbassare il livello del dibattito fino a trasformarlo in un campo di battaglia personale? Non sarebbe meglio, per il bene della democrazia e della convivenza civile, trovare il coraggio di fermare questa deriva, prima che diventi irreversibile? La politica deve tornare a essere spazio di idee, di confronto sano e pulito. Non dimentichiamo che il futuro della nostra società e l’educazione delle nuove generazioni dipendono dalle nostre parole e dai nostri comportamenti. Per questo motivo, fermiamoci a riflettere: ci sono molti temi da affrontare, soprattutto riguardo a quale futuro immaginare per la terza città della Calabria, che non si riduca semplicemente a una casa acquistata nel centro storico.

Matteo Lauria – Direttore I&C

Una risposta

  1. Gli appassionati di storia sapranno che uno dei metodi del partito nazionale socialista tedesco (meglio conosciuto come partito nazista) diete firma e motodo nel denigrare non solo tutte le dottrine politiche diverse dalle loro ma anche quello di attaccare sul piano personale coloro che ne professavano l’ aderenza, anche con argomenti inventati.

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