Da settimane si rincorrono voci, supposizioni, timori. Si è parlato di un possibile trasferimento del liceo classico allo Scalo, si sono diffuse ipotesi evocando decisioni prese o imminenti, e si è generato un clima di agitazione che ha superato di gran lunga la presenza di elementi concreti. A oggi non esiste un documento, un atto, un indirizzo ufficiale che confermi tale orientamento. Eppure il dibattito si è acceso come se tutto fosse già scritto. Questa dinamica, però, rivela un punto più profondo: si discute del liceo classico come leva per tutelare o rivitalizzare il centro storico (altra cosa è chi invoca la tradizione storica del presidio), quasi fosse l’ultimo presidio in grado di contrastare un declino che dura da decenni. Si immagina che la presenza di studenti possa rappresentare un’àncora di sopravvivenza, ma si tratta di una visione parziale, se non addirittura illusoria. Il centro storico, oggi, è vuoto, scollegato, povero di servizi. Non bastano poche centinaia di studenti per trasformarlo in un luogo attrattivo, dinamico, vissuto. Occorre ben altro. Il tema vero, da porre con franchezza, è che tutte le amministrazioni degli ultimi decenni – non solo quella in carica – hanno fallito nel progettare un futuro credibile per i centri storici. I fatti parlano più di ogni analisi. Siamo nel 2025 e i quartieri antichi di Rossano e Corigliano continuano a mostrare segnali evidenti di degrado, abbandono, assenza di investimenti strutturali, fatta eccezione per gli interventi Pinqua.
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Chi conosce la strada di Celadi (zona a rischio idrogeologico) sa bene quanto gli autobus siano costretti ogni giorno a percorsi tortuosi, tratti vulnerabili, curve che aumentano i rischi e i tempi di percorrenza. Non si può chiedere a studenti e famiglie di affrontare questi disagi in nome di una rinascita che, al momento, è solo sperata e non pianificata. La scuola deve essere accessibile, sicura, collegata. È un principio essenziale, non un dettaglio secondario. Non si tratta di difendere il liceo classico come baluardo del centro storico, ma di costruire un progetto vero per riportare vita, funzioni, servizi, cultura nel cuore antico della città. Servono idee e scelte che guardino alla bellezza come motore di sviluppo. Esistono esempi in altre regioni del paese: si pensi a Ostuni, ai centri pugliesi che negli anni hanno investito su arredi, colori, fiori, percorsi pedonali, vivibilità. Non è la scuola a creare la rinascita, ma un ambiente pensato, curato, accogliente.
Oggi, invece, il centro storico appare fermo. Non ci sono arredi adeguati, non c’è una spinta culturale capace di attirare visitatori e residenti, se non per porzioni limitate così come confermano alcuni esponenti che operano nel settore delle visite guidate. Mancano attività commerciali, manca una rete di servizi essenziali, manca una strategia che renda attrattiva la permanenza. Con queste condizioni, pensare che poche classi scolastiche possano invertire la tendenza significa guardare il dito e non la luna. La città, entrambe le sue anime, ha bisogno di un progetto organico, unitario, che definisca l’idea di centro storico per i prossimi venti anni. Un progetto che parta dal recupero, ma anche dalla capacità di immaginare nuovi usi degli spazi, nuovi percorsi culturali, nuove forme di accoglienza. E questo progetto non può essere improvvisato, né affidato a interventi sporadici. Deve essere il frutto di una scelta politica chiara, assunta con responsabilità e continuità. Il liceo classico è una parte della città. Non è l’intera città. La rinascita dei centri storici passa da un progetto complessivo, non da una scuola. E se si vuole davvero scrivere una nuova pagina, allora è il momento di guardare la luna e non più il dito che la indica.
Matteo Lauria – Direttore I&C





