Era nato a Cagliari il 3 gennaio 1873 da Antonio e da Felicita Marghinotti, una famiglia della buona borghesia sarda. Avvocato, aveva un fratello maggiore, Carmine, avvocato a Cagliari e un fratello minore, Paolo, giudice presso il tribunale penale di Roma. Ma lui nella vita aveva preso tutt’altra strada. Socialista, grande oratore, pubblicista, i primissimi anni del ‘900 diresse il periodico “La Lega” fondato da Giuseppe Cavallera, attivo propagandista del socialismo e dell’organizzazione sindacale tra i minatori di Buggerru e del bacino minerario del Sulcis che lottavano contro le inumane condizioni in cui erano costretti a lavorare.
Intellettuale, appassionato di sociologia, studioso di Marx, di Darwin, del materialismo, dell’evoluzionismo, Orano faceva il corrispondente da Cagliari per l’“Avanti!” e scriveva sul quotidiano radicale sardo “Il Paese” attaccando le amministrazioni locali. Oratore suggestivo, il 27 giugno del 1904 fu condannato una prima volta “per aver con violenza e contumelie turbato le funzioni religiose del rito cattolico”.
Il 20 maggio del 1906 finì in galera, scontò tredici mesi di carcere preventivo nel carcere di Boncammino, definito la “tomba dei vivi”, per aver preso parte attiva al movimento sardista represso con l’esercito. Si trattava della più ampia e drammatica protesta popolare che si verificò in Sardegna in età contemporanea, con violente sollevazioni delle masse urbane e rurali che esplosero come conseguenza di una crisi generale dell’economia sarda. Infatti in quel periodo il costo della vita aveva registrato nell’isola un pauroso balzo in avanti mentre, al contrario, i salari degli operai e dei braccianti, già bassissimi, a fronte di orari di lavoro massacranti, continuavano a diminuire, così molti cagliaritani non erano in grado di acquistare nemmeno il pane. Le conseguenze furono drammatiche soprattutto nelle città. Domenica 13 maggio, a Cagliari, la folla esasperata si riunì spontaneamente per protestare nel bastione di Saint Remy dove si svolse un comizio in cui prese la parola, tra gli altri, Efisio Orano, indicato nelle cronache e nelle carte processuali come la guida della sommossa. E per tre giorni Cagliari fu in un vero e proprio stato d’assedio, con saccheggi dei forni, abbattimento dei casotti per la riscossione del dazio, vagoni tramviari rovesciati, bruciati o buttati in mare, assalti agli uffici della dogana.
Intervenuto l’esercito, il 15 maggio si registrarono venti feriti e due morti, Giovanni Casula, un manovale quindicenne, e Alfredo Caria, un fruttivendolo di 19 anni. Orano, che fu uno dei protagonisti della protesta, fu arrestato e fece – come già detto – tredici mesi di carcere preventivo in attesa della sentenza di primo grado che lo condannò a quattro mesi di carcere. Successivamente la sentenza di appello del 4 novembre 1907 rimodulò la pena e lo condannò a quattro anni e quattro mesi di carcere. Quindi, per sottrarsi al nuovo arresto, espatriò clandestinamente prima in Corsica e poi in Svizzera. Inoltre, nello stesso anno, la Corte di Appello di Roma con una sentenza del 2 ottobre 1907 gli inflisse un’altra condanna per ingiurie e diffamazione.
Il grande poeta sardo Sebastiano Satta gli dedicò una indimenticabile ode dal tiolo “A Efisio Orano” che inizia con questi versi: «No, tu non hai paura / Della loro galera. / Essi vanno nell’ombra della sera / Tra larve e mostri, e tu guardi all’aurora…». Ode contenuta nel suo volume “Canti barbaricini” del 1910. Secondo Giuseppe Fiori, autore di una importante biografia di Antonio Gramsci, insieme a quelle per i morti di Buggerru e l’altra dedicata a Giuseppe Cavallera, era tra le poesie di Satta quella più amata dal grande dirigente comunista sardo.
In Svizzera Orano si mantenne insegnando, senza però rinunciare alla sua opera di proselitismo rivoluzionario che estese anche alla Francia, provocando di conseguenza problemi con la polizia di questi due paesi.
Nel 1914, grazie alle tante amnistie, potette rientrare in Italia da uomo libero e fu accolto a Cagliari dai suoi concittadini con grande entusiasmo. In suo onore fu organizzata un’imponente manifestazione di giubilo nella centrale via Roma.
Nel frattempo la prima guerra mondiale era alle porte e Orano fu in prima fila contro gli interventisti per scongiurare l’ingresso dell’Italia nel conflitto.
Comunque a Cagliari rimase poco. Sposato con Almira Angela Cao, nata a Cagliari il 15 gennaio 1894, sempre nel 1914 accettò l’incarico di segretario della Camera del Lavoro di Bitonto per organizzare la lotta contro il cosiddetto “partito dei mazzieri” che era stato denunciato da Gaetano Salvemini con il suo libro del 1910 “Il ministro della mala vita”. In tale veste Orano contribuì anche alla protesta dei lavoratori edili e del tabacco, sostenendo gli scioperi organizzati dalla Camera del Lavoro di Bari diretta da Guido Maledandri ai quali prese parte anche Giuseppe Di Vittorio, allora segretario della Camera del Lavoro di Minervino.
Successivamente accettò un impiego presso il Comune di Napoli, città dove il 14 luglio 1915 nacque il figlio Efor e il 20 settembre 1923 l’altro figlio Bruno. Nel frattempo, nel 1922, c’era stata la presa del potere da parte di Mussolini e Orano fu in prima fila tra coloro che facevano propaganda contro il regime, in particolar modo tra gli impiegati del Comune di Napoli. Dopo dieci anni di impiego, venne perciò licenziato senza pensione e buonuscita e al contempo radiato dall’albo degli avvocati al quale era iscritto dal 1912.
Trasferitosi a Roma visse insieme alla sua famiglia in profonde ristrettezze economiche, in una stanza in affitto in via di Forte Boccea 9, con la moglie che guadagnava qualcosa andando a servizio presso le famiglie. Lui comunque, senza mai abdicare alle sue idee, continuava la sua incessante opera di proselitismo antigovernativo con tutte le persone con le quali entrava in contatto nel quartiere dove risiedeva. Pertanto alcuni delatori lo denunciarono alla polizia che il 13 giugno del 1937 eseguì una perquisizione a casa sua. Arrestato, fu portato a Regina Coeli e deferito alla Commissione Provinciale per i Provvedimenti di Polizia. Poiché dalla perquisizione emerse anche che “Il figlio Bruno dedicava il suo tempo a disegnare l’emblema comunista ed a scrivere poesie offensive per la Persona del Duce”, il ragazzo venne assegnato al Centro di Rieducazione per Minorenni di via Sabelli in Roma
Con ordinanza del 5 luglio dello stesso anno, a Efisio vennero inflitti cinque anni di confino in quanto “irriducibile sovversivo”, prima nella colonia di Ponza e dal 2 maggio 1939, per motivi di salute, ottenne di essere trasferito a Rossano.
Nel frattempo le sue condizioni fisiche peggiorarono terribilmente, pertanto fu consentito alla famiglia di trasferirsi a Rossano, ma non al figlio Bruno che doveva essere sottratto alle “malefiche influenze antigovernative” paterne e non “avvelenato dalle teorie sovversive”.
Il 6 giugno 1940 Efisio venne ricoverato all’Ospedale di Rossano e il prof. Casciaro, direttore dell’ospedale cittadino, certificò che era affetto da un tumore e che pertanto sarebbe stato indispensabile ricoverarlo al Regina Elena di Roma o in altro istituto attrezzato, circostanza che non si verificò.
Orano spirò a Rossano l’8 agosto 1940.
Dice il senatore Mario Mammuccari, confinato anche lui a Rossano in quel periodo, che “eravamo in parecchi i confinati a Rossano, ma ricordo solo il nome di Efisio Orano antifascista insigne, uomo di grande cultura, filosofo che morì dopo lunga sofferenza”. E nel libriccino del 1946 “Efisio Orano, martire della libertà” si legge: “I suoi funerali l’8 agosto si svolsero in silenzio con la più grande modestia e semplicità. La modesta cassa di legno era accompagnata dai familiari e dai conoscenti. Si notavano tra gli altri vari compagni di sventura a lui uniti da un sacro vincolo di fede e di passione, i quali fino all’ultimo gli furono accanto prodigandosi in mille premure”.
Il 9 novembre 1943 il rettore dell’Università di Padova Concetto Marchesi inaugurando l’Anno accademico pronunciò il famoso discorso nel quale – tra l’altro – si legge: “Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c’è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c’è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina”. In questa moltitudine muta di sicuro Efisio Orano non aveva posto.
La città di Roma gli ha dedicato una strada, nel cimitero di Rossano, invece, non è stato possibile nemmeno individuare il luogo della sua sepoltura per avere la possibilità di deporvi un fiore.
PS: Il libro “Efisio Orano, martire della libertà” allegato all’Unità del 7 agosto 1946 è scaricabile dal sito:
http://anticabibliotecacoriglianorossano.it/wp-content/uploads/2021/09/Orano-Efisio-martire-della-Liberta.-a-cura-della-Sez.-Aurelia-del-PCI-1946.pdf
Martino A. Rizzo
I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C
Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a
Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica
sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato
il romanzo Le tentazioni della
politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri
del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito
anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione
dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,
Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,
Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.
Da fotografo dilettante cerca di cogliere
con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio
e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie
su Rossano Se chiudo gli occhi.