Alla fine Roberto Occhiuto ha avuto la sua investitura ufficiale. Ci sono voluti 10 giorni in più rispetto alla data (sabato 12 giugno) che veniva spacciata per quella dell’annuncio certo, certissimo, praticamente cosa fatta. E invece è dovuta passare più di una settima, durante la quale le speculazioni (alcune azzeccate) si sono sprecate.
Spirlì tenta un nuovo terno al lotto
Ma poi l’accordo a Roma è stato raggiunto: la candidatura va a Forza Italia, come sempre è stato detto e stradetto, ma la vicepresidenza della Regione Calabria viene ipotecata da Nino Spirlì, che in caso di vittoria del centrodestra tornerebbe ad essere il numero due, risultato che, per uno che non ha nessuna intenzione di misurarsi con il voto degli elettori e ha la faccia tosta di rivendicarlo («Non ho tempo da perdere, sto lavorando per la Calabria»), è senza dubbio una specie di secondo terno al lotto sulla ruota di Catanzaro.
Tanto più che i maggiorenti della Lega calabrese Spirlì non lo sopportano proprio. Non è un segreto, infatti, che i consiglieri regionali del Carroccio lo considerino come sabbia negli occhi e siano arrivati a fargli guerra aperta in Consiglio regionale: prima con la bocciatura da parte della Commissione presieduta dal leghista Pietro Molinaro del Piano di immagine e promozione turistica 2021 da 20 milioni di euro, poi criticando, sempre in Consiglio, le nuove nomine per Corecom e Garante dell’infanzia. Tutto è naufragato tra assenze strategiche e aspri rimproveri, tra cui quelli della capogruppo leghista Tilde Minasi, che addirittura ha paragonato il tentativo fallito alle nomine effettuate a suo tempo in piena campagna elettorale dall’ex presidente Mario Oliverio. E questo accadeva appena 4 giorni fa. Insomma non certo un contesto idilliaco quello del centrodestra calabrese.
Centrodestra di lotta (a Draghi) e di governo (con Draghi)
Non che a livello nazionale vada meglio. Con addirittura Salvini al Governo con Draghi e la Meloni (Fdi) all’opposizione, che si fanno una battaglia sotterranea per la leadership nella coalizione, mentre Berlusconi, consapevole che dopo di lui Forza Italia sarà solo un ricordo da cineteca, cerca di accelerare i tempi per la nascita di un partito unico che, almeno all’inizio, possa nascondersi dietro la foglia di fico di una “federazione”.
A Lamezia tutti insieme appassionatamente
Eppure, nonostante questi quarti di luna, il centrodestra si è mostrato compatto alla presentazione ufficiale a Lamezia della candidatura di Roberto Occhiuto. C’erano tutti: qualcuno in Dad (Meloni), qualche altro in collegamento telefonico (Berlusconi), altri con messaggi di saluto preregistrati (Giovanni Toti, Maurizio Lupi e Vittorio Sgarbi). E poi c’erano Matteo Salvini e Antonio Tajani seduti accanto al fratello del sindaco di Cosenza, quello stesso Mario che fino a un anno fa non volevano toccare neppure con una canna.
Tutti. In apparenza compatti (ma è quello che conta in questi casi) e determinati nell’appoggiare il proprio candidato.
A sinistra è rissa continua
Dall’altra parte, sul fronte opposto, c’è un centrosinistra lacerato, sia in privato che in pubblico, che ostenta una superiorità morale incapace poi di dimostrare alla prova dei fatti. Tutti parlano di primarie e nessuno le vuole davvero. Tutti parlano di militanza, di confronto democratico e di scelte da far partire dal basso, tranne poi decidere alla luce tremolante dei soliti caminetti romani, come è avvenuto per la designazione di Maria Antonetta Ventura, presidente del Cda del Gruppo Ventura, che opera nel settore industriale delle infrastrutture ferroviarie. Insomma, un “padrone”, di quelli grossi davvero, con un potenziale conflitto d’interesse grande come l’Alta velocità e il Pnrr, che pure qualche soldo in Calabria distribuirà. È lei il candidato della “sinistra”, deciso in solitudine a Roma da Conte (M5s), Letta (Pd) e Speranza (Leu), dopo aver bruciato il buon Nicola Irto (pora stella), aver illuso un professorone come Enzo Ciconte e aver corso il serio rischio di farne una giusta. Invece No, si candida la Ventura. E per farlo è bastato un comunicato stampa, altro che primarie.
Pure ArticoloUno alza la voce
Tutti d’accordo? Macché. Pure Leu (formato da ArticoloUno, Sinistra Italiana e Possibile), che con tutto il rispetto vale si e no il 4% a livello nazionale, si è spaccato, con ArticoloUno che ha subito rinnegato l’avvallo di Speranza.
Pd e M5s tra panico e silenzi
Nel Pd, manco a dirlo, il commissario Stefano Graziano e i vari signorotti locali hanno avuto crisi di panico, tanto che il segretario Letta ha dovuto convocarli a Roma per dirgli “boni, state boni” e promettergli chissà cosa.
Stessa solfa nel M5s, o qualunque cosa sia oggi il Movimento, con chi si riconosce in Conte, chi non vuole vederlo più manco in fotografia e chi già sta preparando le valigie per approdare in altri partiti.
De Magistris prima donna con Tansi sedotto e abbandonato
Fuori dalla mischia, ma non meno responsabile del disastro che si sta consumando a sinistra, è Luigi de Magistris, che un bel giorno ha guardato il calendario, si è accorto che il suo mandato a sindaco di Napoli stava scadendo e si è ricordato della Calabria, che sino a quel momento era solo un capitolo dolente nella sua biografia. Da allora affronta la campagna elettorale da prima donna, dopo aver lasciato dietro di sé pure Carlo Tansi, sedotto e abbandonato dopo essersi illuso che sarebbe stato lui il seduttore, e ora si aggira tra social e giornali inveendo contro quello che definisce il Put, il Partito unico della torta, dimenticando troppo spesso che intorno a quel tavolo dove la torta veniva spartita già si è aggirato quando era capo della Protezione civile regionale nominato da Mario Oliverio.
Poi, dalle parti del fronte anti sovranista resta solo qualche Sardina arrabbiata e nulla più. E così, mentre il centrosinistra si consuma a fuoco lento sul fornello che esso stesso alimenta, un centrodestra incredibilmente di lotta e di governo si presenta unito davanti ai calabresi per alzare il braccio al proprio campione. E che vinca il più furbo.
fonte LaCnews24