La nuova emigrazione italiana verso i paesi del Nordeuropa negli ultimi trent’anni ha beneficiato della crescente globalizzazione sia nell’economia sia nelle professioni e della libertà di movimento garantita dai Trattati Europei. Si tratta di flussi molto diversificati, che hanno poco in comune con quelli del passato. Il Regno Unito è un esempio di tali destinazioni, che nel tempo ha fatto della multiculturalità il suo marchio distintivo. Sebbene sia stata una nazione di tradizionale emigrazione italiana sin dal XIX secolo, la crescita numerica italiana negli ultimi anni è stata impetuosa. Gli iscritti all’AIRE sono più che raddoppiati in 8 anni, passando da poco meno di 200mila a più di 415mila.
Si emigra per lavoro ma pure per una formazione migliore, alla ricerca dell’innovazione e del perfezionamento. Anche nella Sibaritide il fenomeno sta dilagando, e coinvolge sempre più famiglie che investono sul futuro dei loro figli in realtà dinamiche e prestigiose. Ma ci sono anche le storie di chi lascia la propria terra senza grandi risorse e riesce a fare carriera partendo da zero. Come è successo al prof. di origini rossanesi Francesco Caputo, che è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi e oggi è consulente LEAN nonché professore associato in Project management all’Università di Winchester. Legatissimo alla sua terra, alla prima occasione torna in Calabria. «Il cordone ombelicale non viene mai reciso. Il punto è che nel tempo si cambia. Io non sono la stessa persona che ha lasciato la Calabria a inizio anni ’90. Sono e mi sento una persona diversa, magari lo sarei stato anche se fossi stato a Milano o in un altro luogo. I legami crescono con noi. Oggi avendo messo radici in Inghilterra per ragioni di tempo non riesco a mantenere contatti frequenti con la mia terra, ma torno sempre con piacere. Amo la Calabria, amo i miei amici, amo Corigliano Rossano». Vivere in una realtà diversa dalla propria aiuta a superare i pregiudizi e la visione localistica a cui siamo abituati. «In Italia siamo bravi, ma non siamo i soli. Ai miei connazionali dico di guardare altrove perché solo così si cresce nelle esperienze e nella conoscenza». Il prof. Caputo si è laureato in Italia, poi quando conobbe la sua compagna di vita che lavorava in Inghilterra decise di raggiungerla. A quel punto, si rimise in gioco. Il titolo di studi conseguito in Italia si rivelò inutile. Così si cimentò in vari lavori, dal cameriere al barista fino all’addetto alla sicurezza in un centro commerciale. E, nel frattempo, si dedicava allo studio per conseguire il titolo di laurea all’Università di Winchester. Uno dei problemi per un emigrato è la conoscenza della lingua: «È stata dura all’inizio – commenta – ma non è solo la lingua, è necessario anche avere percezione della filosofia di vita di un popolo. In questo caso, gli inglesi pensano in maniera decisamente differente dagli italiani.«Noi italiani siamo molto più diretti, ci esprimiamo con facilità e parliamo molto. Un inglese non sarà mai diretto, prenderà tempo e dirà ciò che pensa realmente solo in seguito».
I valori della meritocrazia e le differenze con l’Italia
Per quanto riguarda la meritocrazia, se in Italia è spesso calpestata, in Gran Bretagna è invece basilare per l’avvio di qualsiasi attività: «L’Inghilterra è un sistema che definirei sano, è un ambiente in cui ti svegli la mattina e decidi cosa vuoi fare». Il docente porta l’esempio del sindaco di Londra, figlio di un pachistano, proveniente da famiglie umili, che è riuscito per merito a diventare il primo cittadino londinese. «Una lezione di vita», commenta il professore, che si dilunga sull’efficienza dei servizi che paragona all’Italia: «Ciascun italiano deve capire che ogni singolo gesto è importante per la crescita civile e sociale di un territorio. Agli italiani e ai giovani in particolare suggerisco di accogliere la diversità, guardiamo lontano, non pensiamo a come devo stare bene io ma i nostri figli. Oggi i nostri giovani possono imparare tutto, se si vuole restare in Calabria lo si faccia ma è importante non sentirsi schiavi. Bisogna mettersi in gioco, sperimentarsi ed essere carichi di energia. Siate curiosi. Viviamo in un mondo aperto all’innovazione, con internet si può stare in Calabria e fare un master a Londra. La vita ha tante opportunità, ma è importante avere tante idee, senza sposare ideologie». Se da un lato si assiste a una fuga di cervelli, dall’altra l’Italia è destinata ad essere una popolazione di anziani e qui «la responsabilità è di tutti, commenta, non solo della politica». Tuttavia, il Prof. Caputo cerca di vedere il lato positivo: «Inizierei a rivedere il concetto di anziano, non è più come era un tempo. Oggi, continua l’accademico, sono più produttivi, diversi dal passato. Se oggi i ragazzi decidono di lasciare l’Italia è un problema di tutti, non solo dei politici». L’economia britannica incassa circa 2,5 milioni di sterline dall’indotto generato dalle università del territorio. È una nazione che investe sulla qualità dell’istruzione, ritenuta la più efficiente al mondo. Per l’Italia, invece, il tutto si traduce in nuove perdite, umane (perché poi molti giovani decidono di restarci) ed economiche.