La fusione è e rimane il tema dell’estate. E rimarrà tale almeno fino alla celebrazione del referendum programmato per il 22 ottobre, ove mai si dovesse celebrare. Il sindaco di Corigliano Giuseppe Geraci aveva assunto impegno, appena dopo il Consiglio comunale, si contattare il collega di Rossano Stefano Mascaro al fine di fissare un incontro proteso a comparare i bilanci delle due amministrazioni. Fino a ieri mattina pare che nessuna telefonata sia intercorsa tra le parti. Sinistra italiana intanto incalza e punta il dito contro la giunta Geraci. «Appare evidente come, negli ultimi due anni, fin dall’approvazione dell’atto d’impulso, il consiglio comunale coriglianese non abbia svolto alcun ruolo nella discussione riguardante la fusione. Ha abdicato al suo ruolo di guida e di governance che avrebbe dovuto esercitare per poter traghettare la città verso l’eventuale processo di fusione. E lo ha fatto perché ha sottovalutato la portata di ciò che stava decidendo (o forse subendo). Questo ha provocato da un lato la frammentazione della maggioranza che, ad oggi, è chiaro non esista più, dall’altro ha ingabbiato la discussione in una ristretta cerchia di persone che non hanno potuto o voluto adempiere alla precondizione necessaria alla fusione stessa: il coinvolgimento capillare della cittadinanza. Poche decine di persone hanno partecipato, come pubblico, all’ultime assise comunale e, ancora meno, erano i coriglianesi presenti. Preoccupante è poi, proprio per la pericolosa deriva elitaria del processo, la prevalenza della classe imprenditoriale, soprattutto rossanese, tra gli interessati. Ed è preoccupante perché in ballo c’è la possibilità che si determino appalti legati al processo di conurbazione di una zona agricola importante. Non può essere l’interesse privato a determinare l’azione del pubblico. Totalmente assente la gente comune, il cittadino che subirà pregi e disagi dell’eventuale fusione. E questo è un problema sottovalutato da molti: dov’è quella percezione che si dovrebbe avere della fusione come di un qualcosa di già, nei fatti, avvenuto? Dov’è la convinzione d’appartenere ad una sola comunità già costituita? Le colpe principali possono addossarsi all’Amministrazione che non ha creato le condizioni opportune ma, questo, non risolve il problema evidente. Ad aggravare il tutto contribuisce poi la confusione normativa: per mesi abbiamo sentito parlare di “legge per la fusione approvata” ma poi si evince che la legge (la 182) è ancora ferma in commissione.
E qui dovrebbe sorgere la prima domanda: cosa accade se a settembre dovesse – vista la sentenza della Corte Costituzionale – decadere il consigliere proponente? Decade anche la proposta? Si terrà un referendum che potrebbe non avere poi una legge d’applicare? Altra questione importante: c’è una proposta dei consiglieri Greco e Sergio per la stesura di una legge quadro regionale: se verrà approvata cosa cambia rispetto alla situazione vigente e che conseguenze avrà sul processo in atto?
E poi le questioni legate al quorum: la richiesta di ripristinare solo per il caso Corigliano-Rossano il quorum è, francamente, ridicola.
Come si può pensare che si possa fare un’eccezione per Corigliano? O si ha il coraggio di ritirare l’atto d’impulso spiegando che è mutato il quadro normativo ovvero ci si attiene alla legge. Altre strade non ci sono.
Poi vi è la questione del “bacino d’utenza” che è lasciata nel mezzo di interpretazioni che non superano, appunto, l’opinione personale dei singoli soggetti: al momento esiste solo un articolo contenuto nella legge N°43 del 27 dicembre del 2016 (legge che parla di tutto ed il contrario di tutto, quindi siamo di fronte ad un provvedimento inserito quasi alla chetichella) che cancella la dicitura “bacini d’utenza” ( in pratica vorrebbe che venisse considerato il risultato referendario comune per comune e non sul totale della popolazione)». Insomma il dibattito è destinato sempre più ad alterarsi anche nella tensione.