Il Consiglio Regionale ha approvato la legge-provvedimento che istituisce il Comune unico di Rossano-Corigliano Calabro e se da molti è stato definito come un “evento storico” per la nostra regione, io ho espresso in aula voto negativo. Sempre coerente con la mia posizione, guardo al processo delle fusioni in maniera positiva ma ritengo che queste debbano essere trattate con rigore e chiarezza d’intenti e non con la superficialità, al quanto imbarazzante direi, con cui oggi sono stati estinti due comuni. Ho aperto il mio dibattito precisando ciò e augurandomi nonostante tutto che queste due perle dello Jonio sappiano insieme diventare il gioiello della Calabria, la Città protagonista del Mediterraneo. Peccato però non aver lavorato, così come invece si poteva e si doveva, per istituire la Città della Sibaritide, comprendendo nella fusione anche Cassano all’Jonio, consapevolmente e colpevolmente trascurata persino da chi avrebbe dovuto pretenderlo. Una miopia della quale la Calabria intera pagherà amaramente il conto per non avere regalato al mondo intero la Capitale della Magna Grecia.
L’iter della fusione è stato disseminato da notevoli difficoltà e incomprensioni, nate soprattutto a causa di impropri protagonismi che hanno lavorato per disgregare invece di unire la cultura della Città unica, pretesi da rappresentanze, spesso indebite, perché mai provate da precise indicazioni di identità dei deleganti. Con l’aggravante di aver trasformato un processo amministrativo in una competizione quasi da stadio, caratterizzata da un linguaggio improprio e molto spesso volgare, (cosa che non è mancata neanche nella seduta del consiglio), e da un’immancabile fama di notorietà, altrimenti non conseguibile, che è andata a discapito della diligenza e del coinvolgimento sociale. A nessun progetto ideologico è consentito di realizzare danno alla collettività, figuriamoci a quello disegnato molto privatamente e approvato solo per compiacere a taluni. Al riguardo, pare che abbia insegnato poco l’errore compiuto con i Casali del Manco, ovunque additato come tale e ironizzato anche da IlSole24Ore come “caso curioso” tra i 29 perfezionati nel Paese.
È mancato ciò che invece occorreva: il preventivo studio di fattibilità, con annesso il progetto della nuova Città, dove disegnare l’insieme godibile da parte della collettività, lasciata così ignara e inconsapevole nella determinazione del consenso referendario. Un referendum dove ha vinto il sì ma che ha registrato una bassa frequenza al voto, rappresentando un gap democratico decisamente sottovalutato e al quale invero avrebbe posto rimedio l’approvazione della proposta di legge a firma mia e del collega Franco Sergio, ovunque apprezzata per completezza e corretta elaborazione ma che si è preferito lasciarla morire in qualche cassetto.
Eppure sarebbero bastati: 1) l’avvio dei lavori sulla legge di riordino del sistema delle autonomie locali, sancita dalla normativa nazionale altrove perfezionata e qui neppure ideata; 2) una fase istruttoria seria tendente a valutare obiettivamente la bontà o meno della fusione; 3) la ragionevole approvazione della proposta di legge Greco- Sergio, che avrebbe disciplinato questo atto di fusione e gli altri a venire.
Ho ribadito e spiegato in aula i miei NO. NO, perché conosco da sindaco le difficoltà che s’incontrano oggi nell’amministrare nell’ordinario una città. Figuriamoci quelle cui si va incontro nel crearne una nuova senza averne testato prima la stabilità. NO, perché si è deciso di ratificare quella volontà popolare alla quale il legislatore costituzionale assegna il valore esclusivamente consultivo. La responsabilità è anche di alcuni esponenti politici che si sono preoccupati di fare, sul tema, inspiegabili e frettolose fughe in avanti, supponendo di guadagnare chissà cosa sul piano politico e finendo per racimolare il nulla o poco più. Altri ancora hanno presunto di offrire un contributo tecnico alla fusione, giudicando eventi necessari (quale la preventiva stesura di una bozza di statuto) “ipocrisie politiche”, ovvero pensando di consigliare al Prefetto una triade commissariale piuttosto che un commissario unico.
NO, perché saranno i cittadini, e in questo spero di sbagliarmi, a pagare il difetto quasi assoluto di riferimento istituzionale, l’assenza dei servizi, la povertà dei loro bilanci, una programmazione frammentaria e, quindi, difficilmente realizzabile, un’organizzazione esempio della peggiore precarietà, una dotazione organica penalizzante per alcuni e troppo premiante per altri che trascurerebbe le categorie “A” di Corigliano e i precari rossanesi e così via.
Insomma, con la fusione i cittadini di Corigliano e Rossano avrebbero dovuto godere della certezza di guadagnare e non perdere rispetto a ciò che hanno. E NON È COSÌ!
Ho detto No anche in virtù e in rispetto del mio ruolo politico, come rappresentanti istituzionali della Regione dobbiamo fare di tutto per lavorare al meglio nell’interesse della collettività ed evitare di scadere nel populismo itinerante e nella improvvisazione tecnica ma soprattutto non essere vittime sacrificali delle ignoranze, dei luoghi comuni, dei progetti che rovinano ciò che è già precario e della abituale continuità con le vecchie logiche dei compari di una volta da accontentare. Occorre anteporre la ragione all’istinto e al miraggio, che si sono dimostrate le cause che hanno portato la Calabria alla rovina. Si esercita male quel ruolo se lo si riduce ad atteggiamenti mercantili supponendo di fare politica racimolando consensi isterici, pressappochisti e lobbistici mettendosi contro le istituzioni locali e i suoi sindaci, i soli legittimati a rappresentare la collettività nella sua interezza e a tutelare l’interesse pubblico e il bene comune.
(fonte: comunicato stampa)