Quando si lascia quello che si ha per qualcosa di nuovo è legittimo avere delle perplessità, forse anche la preoccupazione che quello che verrà potrebbe modificare la nostra vita, i nostri piccoli o grandi interessi, le nostre certezze, le nostre convenienze. Ma, tutti i grandi cambiamenti storici hanno dovuto affrontare “resistenze”, superare ostacoli e criticità, sapendo guardare avanti con lungimiranza, realizzando <importanti mutamenti> serviti per il futuro, nella consapevolezza che ciò che si costruisce appartiene non solo a se stessi, ma soprattutto alle comunità dei popoli che nel tempo attraversano la vita e la storia dell’uomo. Pur con il dovuto rispetto per la diversità dimensionale, si pensi ad esempio alla tensione ideale di <unire> gli stati americani, nel progetto degli <Stati Uniti d’America>, inseguito tenacemente, anche e nonostante un sud <schiavista> , con il quale appariva “inopportuno” unirsi. Oggi, tutto si può dire degli Stati Uniti d’America e della sua politica estera, ma non si può non riconoscere come quella intuizione di unirsi abbia cambiato la storia di quel Paese e sia diventato la più grande potenza economica e non solo. Così per restare, nel nostro piccolo, non si può non ritenere come Lamezia sia diventata – se si vuole pur nella condizione di una regione spesso fanalino di coda – una realtà importante, opera dell’intuizione dell’ex sindaco Perugini di unire tre paesi, Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia, pur conflittuali tra di loro, che da senatore si fece promotore, riuscendo a far approvare in Parlamento, nel 1967 in commissione, la costituzione della nuova città, contro resistenze e proteste, manifestate anche allora come oggi nei confronti della fusione.
La resistenze dell’oggi alla fusione Corigliano Rossano, sia quelle mosse da più nobili ragioni, quale innanzitutto la perdita della propria identità che quelle meno comprensibili, la difesa del proprio campanile, di personali convenienze economiche, di interessi di natura politica, sono tutti accomunati dalla <preoccupazione> di perdere qualcosa che si ritiene <proprio>, ma che dovrebbe essere considerato secondario rispetto al <prioritario> interesse del <territorio> e delle <comunità da unire>, in favore di un <progetto più grande>.
Le rispettive <identità>, anzi, potrebbero completarsi ed essere valorizzate, sospinte dalla maggiore forza di contrattazione e dal maggior peso di rappresentanza che deriva dall’unione. Le stesse reciproche <criticità> potrebbero essere superate se affrontate insieme con la forza dell’unione.
Tanto più, in un sistema politico-istituzionale, non capace autonomamente di valorizzare meriti e potenzialità dei territori, ma con il quale bisogna confrontarsi anche duramente, per rivendicare interventi tanto necessari quanto utili allo sviluppo.
Se si tiene conto che la costituzione di una nuova più grande città, trova la <principale ragione> nel suo essere, per definizione <forza> che deriva dall’unione. E questo territorio ha bisogno di maggiore forza contrattuale per tentare di uscire da questo <isolamento> , <spopolamento> <depauperamento> e <subalternità>.
Né la considerazione, pur sollevata, che tutto ciò sia avvenuto per colpa dei politici di questo territorio, può essere valido motivo per rinunciare alla nascita di una più grande realtà territoriale: le colpe di ieri e, se si vuole dell’oggi, dei politici e dei rappresentati istituzionali, per non aver saputo – o voluto- difendere questo territorio, non possono ricadere anche sulle future generazioni e non possono costituire ostacolo ad un possibile cambiamento di questo territorio; sarebbe un prezzo troppo caro ed ingiusto da far continuare a pagare a chi non ha colpa, ai quei giovani che aspirano a restare ed a realizzare qui i loro <sogni>, a tutti quei giovani andati via che vorrebbero ritornare e contribuire alla crescita della loro terra.
Né la considerazione che la fusione possa essere un escamotage di qualche <politico> per fare carriera ovvero riproporsi, può essere una <preoccupazione> tale da far perdere di vista l’importanza dello scopo, significherebbe rinunciare ad un <progetto di cambiamento> a tutto discapito delle future generazioni. I politici di questo territorio, di ieri e dell’oggi, saranno anche i nuovi rappresentati del domani, solo se saranno votati dai cittadini. Ma saranno i cittadini a decidere. Così come del resto la <non fusione> non determinerà di per sé un rinnovamento della classe politica. Certo, è auspicabile che, in ipotesi di fusione realizzata, i cittadini sappiano scegliere bravi amministratori, che sappiano valorizzare i maggiori trasferimenti che la nuova città riceverebbe, che abbiano maggiore autorevolezza e siano più sensibili agli interessi di questo territorio.
Né questioni di bilancio, e nemmeno inchieste per l’accertamento o meno di condizionamenti nella gestione comunale, potrebbero essere considerati <impedimenti definitivi> alla fusione, perché, pur rilevanti e gravi, vanno relegati a situazioni contingenti e a colpe ed omissioni del passato o anche dell’oggi, ma che non possono pregiudicare l’idea di uno sviluppo di questo territorio, reso più possibile con la istituzione di una nuova più grande città, posto che il futuro appartiene alle future generazioni, che non hanno alcuna responsabilità per l’attuale situazione.
Né la responsabilità dell’attuale classe governante nel non avere predisposto uno <studio di fattibilità>, benché importante, può farci rinunciare ad una tale prospettiva (anzi questa circostanza dovrebbe far riflettere su chi veramente vuole la fusione, perché il cambiamento generalmente in politica contrasta con il principio della conservazione delle proprie posizioni).
In proposito, si può osservare però come sia sotto gli occhi di tutti, che i due comuni oltre ad avere continuità territoriale, hanno la stessa caratteristica naturale (mare-montagna), hanno le stesse potenzialità agrumicola-olearia, hanno la stessa predisposizione turistica; mentre le rispettive caratterizzazioni e peculiarità sono complementari e potrebbero trovare migliore sviluppo – per non dire finalmente decollo – quale la <pesca> ( attività importante per l’economia di Corigliano, dotata di una storica marineria), con il mercato ittico da rilanciare; così il porto di Corigliano che possa diventare l’autostrada del mare quale piattaforma strategica di sviluppo dell’area; così come il patrimonio storico monumentale della Rossano Bizantina possa avere maggiore valorizzazione.
E senza dimenticare le criticità comuni a Corigliano e Rossano, ossia la fragilità del nostro territorio, il rischio idrogeologico che imporrebbe avere maggiori risorse ed un piano di prevenzione e messa in sicurezza comune.
Nel tempo molte scelte che hanno riguardato questo territorio –sanità, viabilità sicurezza etc. – sono state prese sulla testa dei cittadini di quest’area, incidendo negativamente sulla nostra qualità di vita.
La fusione, la nuova città, avrebbe sicuramente più peso e maggiore possibilità di rappresentare e difendere gli interessi di questo territorio.
La costituzione di una grande unica città, è qualcosa soprattutto per il domani, anche se la scelta appartiene ai cittadini elettori di oggi e alla loro responsabilità, di lasciare un futuro migliore, sapendo mettere da parte <pregiudizi, campanilismi, convenienze ed interessi personali, divisioni e rivalse>, abbandonando anche l’idea di una presunta o vera ritrovata <centralità> di un comune sull’altro, regalando alle future generazioni di questo territorio una condizione sociale ed economica, migliore di quella di oggi.
La fusione, in definitiva, è un atto di responsabilità: un dono alle future generazioni di questo territorio.(Giuseppe Tagliaferro – comunicato stampa)