Gli affreschi perduti di San Marco e della Panaghia a Rossano, racconto di Martino A. Rizzo

Nella chiesa rossanese di San Marco, dice Elena Di Fede, che «la sua finitura interna, interamente intonacata di bianco, e la totale perdita del ciclo pittorico appiattiscono ulteriormente lo slancio verticale interno. È parere di molti che quest’ultimo edificio sia stato sempre più trascurato e non abbia ricevuto le dovute attenzioni, sia dal punto di vista delle indagini sul manufatto che dei restauri, a parer mio troppo frettolosi e sterili». (Elena Di Fede, San Marco a Rossano e la Cattolica di Stilo (Calabria): due sorelle a croce inscritta equilatera. in Rogerius, luglio dicembre 2020).

In effetti le chiese bizantine erano tutte affrescate. Tante sono le testimonianze che confermano questa tesi: la Cattolica di Stilo, a Salonicco la Panagia Chalkeon, la chiesa di Santa Maria della Croce a Casarano (LE) nota anche come Chiesa di “Casaranello”, la chiesa di San Salvatore a Sanarica (LE), la chiesa della Santa Panaghia nell’isola di Creta, la chiesa di San Nicola dei Greci, nota come Chiesetta dello Spedale a Scalea e si potrebbe continuare con tanti altri esempi.

C’è inoltre da considerare che i rapporti fra le diocesi greche dell’Italia meridionale e Bisanzio erano molto stretti e quindi non bisogna meravigliarsi di trovare cicli pittorici similari nelle varie sponde del Mediterraneo. Addirittura per quanto attiene alla Calabria, nello “Opusculum contra Francos”, testo redatto da un anonimo nell’XI secolo, si legge che solo i Calabri, agli occhi dei Bizantini, erano considerati fratelli nella fede rispetto «al papa di Roma e a tutti i fratelli dell’Occidente» (in Enrica Follieri, Santi di Metone. Atanasio vescovo, Leone Taumaturgo, in Byzantion, LI, 1971). Così molti studiosi hanno formulato il postulato che la Cattolica di Stilo, San Marco a Rossano, San Pietro a Otranto hanno una «derivazione diretta da modelli elladici o costantinopolitani» (in Alessandro Taddei, La decorazione ceramoplastica dell’abside della chiesa della Panagia a Rossano. in Calabria greca. Calabria latina, Roma 2020).

Gli affreschi pittorici delle chiese bizantine servivano a fare teologia anche con le immagini che non venivano ritenute frutto delle riflessioni dell’artista, il quale si limitava invece a essere il semplice interprete della parola di Dio che attraverso di lui comunicava con i fedeli. L’artista, insomma, non dipingeva l’icona ma si limitava a scriverla attingendo ai testi sacri, agli apocrifi, ai testi liturgici e ai sermoni dei Padri della Chiesa.

A Rossano nelle chiese di San Marco e di Santa Panaghia si sono ritrovati solo dei residui di affreschi che riescono a far intuire, facendo il confronto con le altre chiese bizantine, che anche in queste due chiese cittadine le pareti erano arricchite da cicli pittorici, ma appunto le condizioni attuali degli intonaci consentono solo di fare delle supposizioni.

Pietro Loiacono, che dal 1927 al 1931 lavorò alla Soprintendenza di Bruzio e Lucania, sul suo articolo sui “Restauri alla chiesa di S. Marco a Rossano Calabro” (in Boll. d’arte Min. Ed. Naz., 1934, XVII) racconta che nei lavori di restauro che ci furono tra il 1926 e aprile del 1931, «Durante gli scrostamenti ho avuto la fortuna di scoprire accanto all’abside sinistra una pregevole pittura, raffigurante una Madonna col Bambino, sul primo strato d’intonaco aderente alla parete. Quest’opera, di non comune pregio, data la correttezza espressiva del disegno e le sue caratteristiche arcaiche, è da attribuire ad un tempo immediatamente vicino alla costruzione della chiesa».

Tale dipinto della Madonna Odigitria, che si fa risalire al XIII secolo, è stato staccato dalla parete, incorniciato, appeso in modo assolutamente anonimo, senza nessuna spiegazione, a una parete della Chiesa cosicché il visitatore distratto o superficiale nemmeno si sofferma più di tanto per ammirarlo.

Inoltre nella chiesa si vede un frammento molto dilavato del volto di un santo di aspetto giovanile e imberbe e un altro frammento di un santo monaco con la barba lunga, l’abito marrone e la tunica celestina mentre regge un cartiglio con iscrizione in greco che ne conferma l’identità monastica (Lorenzo Riccardi, Corpus della pittura monumentale bizantina in Italia. II/Calabria. Soveria Mannelli, 2021).

Comunque, prima di queste scoperte, nulla si sapeva degli affreschi che un tempo erano presenti nella chiesa e quello che è stato ritrovato tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso rappresenta una testimonianza che avvalora la tesi che anche San Marco, come le altre chiese bizantine, fosse affrescata.

Della Chiesa della Panaghia ne parla Biagio Cappelli nel suo famoso studio su “Rossano bizantina minore” pubblicato nel 1955 nell’Archivio Storico Calabria e Lucania, v. 24.

Dice Cappelli che «nel basso della conca absidale si notano due lembi di affresco, uno a sinistra ormai del tutto svanito ed un altro a destra restaurato durante i lavori di restauro della chiesa. Poiché le due immagini dipinte formavano un complesso unico agevole ad integrarsi, anche per altri esempi analoghi, è bene descrivere la figurazione nel suo insieme. I due santi, inquadrati in rettangoli di colore bruno, erano leggermente piegati verso il centro dell’abside in cui si apre la bifora che li illuminava e svolgevano due rotuli con iscrizioni in greco. La figura ora perduta rappresentava S. Basilio il Grande, perché quella che ancora rimane, e gli appare sempre vicino nelle raffigurazioni pittoriche medioevali, ci presenta S. Giovanni Crisostomo con il capo scoperto e la barbetta aguzza, che sfonda su un grande nimbo giallo oro limitato da un giro di perline».

Ciò fa presumere, afferma l’architetto Paolo Paolini che nel 1963 diresse i lavori del secondo restauro della chiesa, «che, se non tutto l’interno, almeno la zona absidale fosse interamente affrescata al modo, come si dice con palese approssimazione “basiliano”, cioè con figure di santi affiancati l’uno all’altro in serie continua» (Paolo Paolini in Magna Graecia, lug. Ag. 1974).

A riprova della comune matrice culturale dei cicli pittorici nelle chiese bizantine, affinità si colgono tra il volto di San Giovanni Crisostomo e il Santo di Santa Maria della Croce a Casarano.

I volti dei due Santi sono intensi, con lo stesso colorito, i lineamenti scavati, il nimbo arricchito con decorazioni e gli occhi vivi, presenti, che scrutano il visitatore come per volergli trasmettere la Parola già con lo sguardo.

Oltre al dipinto dell’Achiropita, solo quanto è stato sopra descritto resta degli affreschi delle chiese bizantine di Rossano. Ben poca cosa se si fa il confronto con altre chiese e chiesine bizantine sparse per l’Italia. Questo poco consente però di valutare, almeno idealmente, la vivace fertilità delle esperienze pittoriche che vi erano presenti! Né questo che comunque resta viene valorizzato costruendoci intorno una narrazione o, servendosi degli attuali sistemi, una rappresentazione virtuale che riesca a raccontare al visitatore di come una volta potevano essere state le due chiese quando erano arricchite dai cicli pittorici con i quali gli artisti dell’epoca le avevano decorate.

Martino A. Rizzo 

 

I racconti di Martino A. Rizzo ~ di mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo è un grande curioso di storie e avvenimenti rossanesi, coriglianesi e più in generale calabresi e gli articoli che prepara per Informazione & Comunicazione non sono altro che il risultato delle ricerche utili a soddisfare queste sue curiosità. Frutto di tale attività è stata anche la realizzazione del sito AnticaBibliotecaCoriglianoRossano che ormai si è meritato un posto di rilevo tra i siti contenenti libri, articoli e fotografie sulla Calabria, tutti liberamente scaricabili.

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