Subito una Riforma per la gestione ed il rilancio dei beni e del patrimonio storico e della conoscenze. Il riordino della scuola, tra l’altro anche in modo contorto per cui gli effetti nefasti stanno già emergendo, non può essere inglobante di un settore strategico come la Cultura. Che ha bisogno di nuove risorse e strumenti per essere incentivata e promossa. Soprattutto nel Meridione, culla della civiltà occidentale, dove gli investimenti negli ultimi dieci anni sono calati in modo verticale. I siti archeologici sono abbandonati a loro stessi, non si aprono più biblioteche o musei se non per iniziativa dei privati e, anche in questo ambito, è stato creato un gap profondo con le realtà del centro-nord Italia. L’ultimo rapporto Svimez parla chiaro: dal 2000 al 2013 al Sud (Calabria e Puglia in particolare) si è passati da 13,6 Euro a 3,4 Euro di investimento procapite annuo per la Cultura.
Il direttivo nazionale de Il Coraggio di Cambiare l’Italia avanza una proposta al capo del Dicastero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, affinché il Governo Renzi vari una nuova Riforma, equa ed organica, del settore Cultura.
L’Italia – riferisce il presidente nazionale del movimento, On. Giuseppe Graziano – custodisce circa il 60% del patrimonio culturale mondiale. Basterebbe questo per capire che il Governo non può minimizzare la gestione di questo settore inserendola in quella di altri ambiti che hanno necessità di particolari attenzioni, come la Scuola e l’Università, sia in termini di risorse che di nuove idee. Abbiamo eccellenze universali ed uniche la cui fruizione, da parte di un’utenza globale, è possibile esclusivamente se si ha la capacità di redigere idee nuove. Al contrario di quanto sostiene il Ministro Franceschini – aggiunge l’esponente del CCI – per rilanciare il settore della Cultura non è vero che basta rimodulare le competenze interne alla gestione, come l’equiparazione dei titoli di studio rilasciati dagli istituti dei beni e delle attività culturali al diploma di laurea. È assolutamente riduttivo. Perché, ammesso che ci siano ottimi amministratori del patrimonio artistico-culturale ed eccellenti educatori, mancando risorse, strumenti di conoscenza e investimenti per nuove tecnologie di promozione, ci troveremmo difronte ad un vero e proprio buco nell’acqua.
La risposta a tutto questo? Sicuramente il coraggio, da parte di un Governo lungimirante, di saper coinvolgere investitori privati nella gestione e nel marketing dei beni culturali. Soprattutto per quelli presenti nel Sud Italia, che continuano a sopravvivere a forza di inerzia. C’è un pericolo al Meridione – precisa Graziano – ed è quello di perdere un patrimonio di bellezze ed unicità che potrebbe davvero rappresentare il volando per il rilancio economico per i territori del Sud. Perderlo perché nessuno, Istituzioni in primis, ha il coraggio e forse nemmeno la voglia di investire. Il rapporto Svimez, ancora una volta, traccia la “linea gotica” dello sviluppo con la quale il Governo centrale continua a frenare gli investimenti per il Mezzogiorno: circa il 75% di risorse in meno negli ultimi 10 anni per la Cultura. Se a questo, poi, si aggiunge l’incapacità delle amministrazioni regionali e locali di adottare strategie di riqualificazione e rilancio dei beni culturali, il quadro clinico – conclude Graziano – del nostro patrimonio della memoria è più che drammatico.