Se questo è il quadro tragico su cui nasce l’Italia democratica e repubblicana ritengo che nessuno oggi possa rifiutare ed essere estraneo alle radici antifasciste della nostra Costituzione e – ancora più grave – minimizzare sulle responsabilità criminali del Nazismo e del Fascismo.
Eppure, per la prima volta da quel 25 aprile del 1945, dalla scelta della Repubblica come forma di governo e dalla promulgazione della Costituzione vi è alla guida del Paese un governo di destra il cui partito di maggioranza è erede del Movimento Sociale Italiano e si avverte in maniera palese l’imbarazzo di suoi esponenti di rilievo e cariche istituzionali a fare i conti con il Fascismo.
Il 25 aprile è una data che porta con sé un significato ed un valore universali. È una ricorrenza storica e al contempo un giorno di Festa per il nostro Paese, o almeno così dovrebbe essere, per tutti. Al pari di altre feste che costituiscono patrimonio acquisito non è necessario interrogarsi se sia ancora attuale la sua celebrazione o il suo ricordo. È parte di noi, punto.
È questo oggi il nostro compito. Ed è con questo spirito che nel 2005 è nata l’Associazione 25 Aprile Marco De Simone che all’art. 2 del suo Statuto ne ha un chiaro riferimento laddove è scritto che «persegue finalità civiche, di utilità sociale e di solidarietà sociale, riconoscendo nella Resistenza italiana e nella liberazione dal nazi-fascismo un tratto essenziale della propria identità ed attività».
Naturalmente non è un caso l’accostamento di questa data con il nome e la figura di Marco De Simone, mio nonno.
Nato il 20 aprile del 1914 (così risultava registrato all’anagrafe anche se la vera data era il 18 aprile) per scelta festeggiava tale ricorrenza il 25 aprile, giorno del suo onomastico coincidente proprio con la Festa della Liberazione.
Ho trascorso molto della mia infanzia e della mia adolescenza con mio nonno Marco che per me era solo un nonno, premuroso, disponibile, saggio, e non l’antifascista, partigiano e uomo politico che tutti conoscevano.
Ciò che, però, coglievo anche da bambino era il suo grande senso di giustizia, l’attenzione verso i più deboli e bisognosi, gente comune che spesso lo fermava per strada per discutere, chiedere un consiglio o rappresentargli una problematica.
Credo che per scelta non abbia mai voluto raccontare ai nipoti, specie a me ancora piccolo, i particolari della sua storia di antifascista e partigiano, né le ragioni intime che lo spinsero ad intraprendere quel percorso di vita e di politica.
Così questa parte della sua vita l’ho appresa e approfondita solo dopo la sua morte avvenuta il 27 luglio del 1994, quando avevo solo 13 anni.
Lessi successivamente ad esempio l’intervista da lui rilasciata il 26 febbraio 1991 a Isolo Sangineto e appresi che fu il rappresentante per il Pci nel Comitato toscano del fronte dei partiti antifascisti, che poi diventerà Clnt, e fu responsabile politico del Pci in Provincia di Ravenna durante la Resistenza.
Ma ciò che mi più mi colpì è che giunse a tali importanti ruoli, prima e durante la lotta di Resistenza, dopo una lunga ed autonoma formazione ed attività lontane dal partito.
È soprattutto questo l’obbiettivo da continuare a perseguire oggi e domani, specie per le nuove generazioni nate oltre mezzo secolo dopo quell’immane drammatico evento del regime e della seconda guerra mondiale, e che inaspettatamente si sono ritrovate a viverne un’altra nel cuore dell’Europa, quella della Russia contro l’Ucraina, proprio quando sembrava impensabile e, forse, si era abbassata la guardia dando per scontati diritti e libertà.
Marco Palopoli
Presidente associazione 25 Aprile Marco De Simone
Fonte: Cosenza Channel