È dal 12 agosto scorso, quel giorno di paura ed emergenza che ha ridotto la Sibaritide alla stregua di una bestia ferita, che i cittadini del comprensorio si chiedono cosa non abbia funzionato. E ogni qualvolta cade qualche goccia di pioggia in più rispetto al normale, pregano che non accada ancora. Quella bomba d’acqua ha sfigurato le nostre città. Ma la sensazione è che gli animi dei sibariti non siano stati guastati, nella misura in cui a rialzarsi sulle ginocchia e a rimboccarsi le maniche è bastato un attimo. La bella stagione non ha tardato ad arrivare e i nostri paesaggi sono tornati a essere scintillanti cartoline d’estate, soprattutto grazie alla capacità dei privati di riaccendere la luce sulle proprie attività commerciali, non senza difficoltà e salatissime fatture da pagare. C’è però da fare i conti anche con i guasti e le immediate conseguenze che il flagello del tempo può generare sull’afflusso turistico di un territorio che nel settore ripone grandi speranze. E, così, arrivato il periodo estivo, laddove le città sono ancora preda di attrattività sonnecchianti, i nodi sono ritornati al pettine nella misura in cui i nostri lungomari e le nostre coste sembrano ritrattini malinconici e spettrali. Affluenza in forte calo, indotto turistico irreperibile, poche prospettive di accrescimento delle masse, spese dei residenti e, soprattutto, dei visitatori in picchiata. Forse è per questo che operatori e gestori sono in preda all’agitazione. E per la serie “cose dette e ridette”, ecco che torna a diffondersi la consapevolezza che non si sappia affatto sfruttare al meglio le proprie potenzialità. Gli introiti prendono il largo a fronte di prezzi stellari che, alla luce di un settore ammazzato dalle tragiche circostanze dello scorso anno, sarebbero pure giustificabili (anche se il vizietto di rincarare a prescindere, alcuni lo hanno sempre avuto). Ma che, sicuramente, non agevolano alcun tipo di turismo. Diciamocelo: se è vero che le nostre non sono località per ricchi, non lo sono nemmeno per quei turisti, in particolar modo stranieri, che privilegiano semplicità e accessibilità. E che di tirar fuori 2 euro per una bottiglietta d’acqua da mezzo litro, se non 60 centesimi per un solo bicchiere, non ci pensano proprio. Soprattutto se nei paesi vicini, in territori altrettanto seducenti, ci si accontenta. E allora la proposta promossa e lanciata dalle colonne de L’Eco di abbattere i costi, facendo leva sui volumi senza rinunciare agli standard qualitativi, potrebbe davvero dimostrarsi vincente. D’altronde, la strategia di marketing per cui gli operatori turistici hanno deciso di diminuire i prezzi per richiamare un maggior numero di visitatori altrove ha già premiato. Segno che a volte il fatto di avere in dote mari fra i più belli d’Europa non basta se lo si rende fruibile solo a chi possiede una Mastercard.