Per assurdo che possa sembrare, i limiti di movimento che la pandemia ha imposto a quanti non svolgono lavori essenziali stanno favorendo una piccola ma agguerrita categoria di italiani che, sconosciuti al fisco, traggono il proprio reddito dai furti commessi a danno della collettività in un campo specifico della vasta platea dei beni comuni: quello del patrimonio culturale. Alludo in particolare ai cosiddetti tombaroli, categoria di ladri d’arte con specifiche abilità a tutti note. Oggi i media registrano un episodio eloquente a Pompei ma è solo l’importanza universalmente riconosciuta all’antica città romana ad amplificare la notizia, consentendole di emergere tra la mole delle news sanitarie inevitabilmente predominanti. In tutta la Campania, però, e cito a mo’ di esempio il caso del territorio di Teano (l’antica Teanum Sidicinum), particolarmente bersagliato, ma certamente anche altrove nel Sud Italia e nelle Isole, non si contano in questi giorni le iniziative spregiudicate dei ladri di identità, dei ladri di passato (e di futuro) che attentano al nostro patrimonio archeologico e storico-artistico, spesso restando ignoti alle cronache e senza suscitare una riprovazione sociale commisurata alla gravità del reato. L’inevitabile allentamento dei controlli delle forze dell’ordine, unito al venir meno della sorveglianza svolta quotidianamente dai cittadini che si muovono sul territorio, favorisce questa piaga di cui il Paese soffre ormai da qualche secolo. C’è persino qualche esitazione, da parte dei privati, a segnalare i danni scoperti, per il comprensibile timore di essere tacciati di insensibilità in una stagione che vede molti italiani lottare per la vita. I reati commessi dai tombaroli non minacciano l’integrità fisica della popolazione, dunque non generano allarme sociale, ma è innegabile che siano causa di impoverimento per la collettività e per i singoli. Distruggono, infatti, per poterli depredare a proprio esclusivo profitto, luoghi per i quali sarebbe altrimenti possibile immaginare una fase di ricerca a fini di conoscenza e poi di promozione, con ricadute importanti per i residenti anche sul piano economico. Occasioni non colte dalla collettività, sono dunque annullate dall’avidità di pochi. Occorre, perciò, che i cittadini prendano coscienza del loro essere in prima linea nella difesa del patrimonio culturale diffuso anche in questi tempi difficili, e agiscano di conseguenza, senza rinviare ad un domani incerto azioni che potrebbero poi risultare tardive.