Gentile Direttore,
Il motivo? Secondo l’allenatore, l’assenza all’ultimo allenamento prima della finale. È vero, mio figlio è mancato, ma per un impegno scolastico: doveva partecipare a un saggio di musica. L’allenatore ha quindi deciso di penalizzarlo, lasciandolo a casa proprio per l’ultima partita del campionato. Che messaggio intendeva trasmettere? Che gli impegni scolastici non devono essere rispettati? Che partecipare al saggio ha compromesso la partita? Se così fosse, questa società sportiva sembra sostenere che sport e istruzione non possano andare di pari passo. Questa decisione trasmette proprio questo messaggio.
Ma ciò che ha ferito di più mio figlio è stato mancare a un evento che non rappresentava solo una partita, ma anche un momento di aggregazione sociale, di gruppo, di socializzazione e di condivisione di un anno di attività. La consegna delle medaglie, la cena di squadra, la celebrazione di un anno di impegni condivisi. E dov’era mio figlio quando, dopo un anno di partite, allenamenti e bei momenti, la squadra festeggiava la conclusione del percorso? È stato lasciato volutamente a casa.
Mi chiedo quale soddisfazione abbia provato l’allenatore nel prendere una decisione del genere, senza considerare le conseguenze su un adolescente in una fase così delicata. A quale scopo? La grandezza degli insegnanti, nello sport come nella vita, si misura dalle loro azioni.
Complimenti mister, si è giudicato da solo.
Lettera firmata
Gentile Signora,
abbiamo ricevuto e attentamente letto il suo sfogo. A prescindere dal merito specifico della vicenda, desidero riflettere su come la comunità educativa, in generale, dimostri oggi molti limiti. Spesso si oscilla tra un permissivismo eccessivo e una rigidità altrettanto esagerata.
Prendendo per buono il suo racconto, desidero sottolineare l’importanza di coltivare le relazioni sociali con equilibrio. Un buon educatore, sia esso un allenatore, un insegnante o un genitore, deve perseguire un’azione pedagogica che formi gli individui nel segno dell’inclusività. La mancanza di umanità e la mancata valutazione degli impegni scolastici sono elementi che possono ferire profondamente.
Ha fatto bene a rendere pubblica la sua versione dei fatti. Questo contributo accende un faro sulla necessità di ricordare a chi si occupa di formazione che i veri obiettivi non sono solo i risultati sul campo, ma anche la crescita etico-morale degli individui.
Ringraziandola per aver condiviso la sua esperienza, spero che questa riflessione possa contribuire a migliorare l’approccio educativo nelle nostre comunità.
Cordiali saluti,
Il Direttore
Matteo Lauria