L’Italia ha diverse velocità e questo non si scopre certamente da adesso, e quindi il dare quando va bene – praticamente – la stessa quantità di investimenti a parti differenti del territorio dello Stato non dà che il risultato che il gap resta, se non peggiora (vedi gli atavici ritardi, ovvero l’incapacità a spendere i finanziamenti) con l’effetto di ottenere – se va bene – gli stessi identici e uguali risultati. Da qui occorre partire, in una regione come la Calabria che è la Cenerontola d’Italia, e non da adesso.
Il recentissimo rapporto annuale della attendibile associazione per lo sviluppo industriale nel mezzogiorno, fotografa – appunto – un Paese a diverse sfaccettature, che vede l’Italia intera con una lieve crescita del PIL per quest’anno, e con previsioni future (dall’anno prosimo) tragiche per il sud. Già il 2022 la crescita di quest’ultimo è stata del 2,9% rispetto al 4% del centro-nord; ma la previsione del 2023 vede questo al + 0,8% e, quindi, una contrazione per il mezzogiorno, con una riduzione del doppio per la spese per beni (praticamente quelle quasi totali), poiché i servizi sono quasi inesistenti.
La verità è che ciò che ha aiutato nell’anno che sta per abbandonarci è stata l’edilizia, con un aumento delle costruzioni del 10,8%, ma vi è un previsto dimezzamento in futuro, data la contrazione delle agevolazioni concesse.
A ciò si aggiunge una galoppante inflazione, ormai a due cifre, e che comunque con tassi che non si toccavano da decenni; vi è da aggiungere l’aumento dei beni anche di prima necessità (pasta, pane etc) e i costi energetici pressochè raddoppiati. In questo contesto storico per la Calabria – è ipotizzato – una contrazione del prodotto interno lordo dello 0,9, quindi si avrà praticamente la recessione, e l’autonomia differenziata potrebbe essere la batosta finale. A questo si aggiunge, il problema dei LEA (livelli essenziali di assistenza) che i cittadini hanno diritto di ottenere dal servizio sanitario nazionale.
In altri termini, se per un cittadino Calabrese si spendono quasi la metà ad esempio di quello abitante in Lombardia, se si cristallizza la spesa storica per il futuro, la Calabria andrà sempre peggio, e se a ciò si aggiunge che si può spendere in ogni Regione le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità locale e/o le tasse, si capisce facilmente che si scava un divario enorme e incolmabile. C’è da stare attenti, alle proposte di autonomia differenziata, perché se passa il principio che chi paga di più tasse ha più servizi, il futuro non potrà che essere buio per i Calabresi. La sanità, la giustizia, i servizi sociali, non possono essere oggetto di spese diverse tra gente dello stesso Stato, se non lo si vuole spaccare in modo irreversibile.
Avv. Luigi Fraia