L’intervento. Menin: «C’è qualcosa nella vicenda del porto di Schiavonea che non quadra»

editoriale

CORIGLIANO-ROSSANO. C’è qualcosa nella vicenda del porto di Schiavonea che non quadra. Che differenza fa per una grande azienda multinazionale realizzare una turbina a gas sopra una banchina portuale oppure a duecento metri di distanza in una zona industriale, come le è stato offerto dal sindaco di Coriglianorossano? Questa azienda a Massa Carrara, usa la zona industriale per produrre le turbine a gas e poi con un grande carrello le trasporta sulle banchine del porto. C’è una distanza di 800 metri da percorrere. Se il guadagno c’è a Massa Carrara non può non esserci a Corigliano con distanza inferiore. questa operazione comporta un leggero aumento dei costi ovunque , ma in una concessione demaniale trentennale risulta assai difficile credere che questa eventualità sia tale da pregiudicare l’investimento.
Invece se ci fosse qualcosa nel progetto aziendale che nella zona industriale non può essere realizzato allora la faccenda cambia. Nel progetto della multinazionale americana , infatti la banchina 1 quella più grande restava sostanzialmente libera, mentre le banchine due tre e quattro venivano impegnate.
Sta qui il vero nocciolo del problema in grado di spiegare il comportamento della Baker Hughes. Con una concessione demaniale di trenta anni sulla banchina principale si può ospitare un deposito di pale eoliche che poi possono essere smistate nel mare o a terra dove il mercato richiede. In Calabria, infatti ci sono in ballo un migliaio di pale eoliche che aziende multinazionali del nord Europa vorrebbero realizzare( comprese una trentina proprio davanti a CoriglianoRossano), ma che non hanno un porto a disposizione.
E’ un problema industriale aperto a cui per il momento non è stata trovata una soluzione : la dimensione in lunghezza della pala eolica infatti richiede necessariamente un’area portuale capiente.
Dunque la multinazionale americana si era lanciata nell’investimento nel porto di Schiavonea non solo per realizzare le sue turbine a gas, ma dubitiamo fortemente che nei suoi calcoli ci fosse appunto la possibilità di utilizzare il porto come centro di smistamento e manutenzione di pale eoliche, cosa che non può essere realizzata nella zona industriale, ma che necessita obbligatoriamente di un porto. Ciò che sappiamo sul punto è che questa azienda ha stretto accordi commerciali con varie aziende che si occupano di pale eoliche.
A questo punto è più chiaro perché l’azienda ha rifiutato la proposta del sindaco di Coriglianorossano che Le chiedeva di spostarsi di duecento metri nella zona industriale del retroporto. Non escludeva la possibilità di usare la banchina più grande del porto che restava libera per smistare pale eoliche in tutta la Calabria. Una bella faccia tosta!
Fabio Menin

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