Vince l’astensionismo, ma era nell’aria. A Corigliano Rossano si è toccata una percentuale davvero preoccupante: solo il 43% alle urne. Per il centrosinistra una morte annunciata, il M5S incassa la fiducia delle fasce deboli, mentre il terzo polo si colloca nelle percentuali previste. Ma è il centrodestra che, nonostante lo sconforto dell’urna, può gridare al successo. Lungo la fascia jonica si paga lo scotto dell’autorevolezza di una classe politica nella sua complessità che spesso, però, paga pegno per un concorso di colpe che fa leva sulla saccenza e sull’arroganza di una certa classe dirigente, mai disponibile a sapersi mettere in discussione. Oggi c’è molto voto d’apparato, quello di opinione è legato al doppio filo dello stato di necessità, e poi c’è chi non si reca proprio alle urne (e sono tanti) per la totale sfiducia nei confronti della politica. Diventa senatore della repubblica Ernesto Rapani, dopo lunghi anni di fedeltà al partito e alla destra, oggi premiato con l’ottenimento di una candidatura che gli ha consentito l’ingresso a Palazzo Madama. Il dramma è nel centrosinistra, che non assolve ad alcun criterio di visione “manageriale” di un partito, se non alla conservazione e all’autodistruzione. Gli esempi sarebbero innumerevoli, ma uno su tutti: la vicenda delle elezioni provinciali di Cosenza quando il Pd non intendeva investire su un sindaco di una città di 80mila abitanti, in questo caso Flavio Stasi, su cui possono anche esservi delle riserve su come amministra la città, ma è pur sempre il primo cittadino del terzo centro della Calabria. Un partito lungimirante, attualmente con numeri condominiali, avrebbe dovuto buttarsi a capofitto sulla candidatura del sindaco Jonico. E, invece, sono prevalsi gli schemi tradizionali, improduttivi e dannosi anche nei confronti dell’elettore medio che crede nella cultura progressista. E a poco servono le dimissioni del Letta di turno se non cambia una mentalità. Sono anni che il centrosinistra persegue politiche suicide. Né si possono imputare responsabilità a chi ha deciso di scendere in campo, come il sindaco di Cassano Gianni Papasso che ha fatto quel che ha potuto. È stata una campagna elettorale avvilente sotto il profilo dei contenuti, concetti astratti, spesso si è ricorsi all’uso di un linguaggio tipico del sentito dire. Di certo l’elettore, quello che si è recato alle urne, si è espresso non tanto sulla base di ideali ma in larga parte telecomandato.
Il momento elettorale va rivisto e normato seriamente. Nei 30 giorni di una campagna elettorale accade di tutto, ma la vera democrazia sta dalla parte opposta. Dietro il consenso c’è l’apparato, la gestione del potere di chi governa in un determinato momento (vale tanto per il centrodestra quanto per il centrosinistra), c’è il potere economico. Di sicuro non c’è né una visione di territorio e di pensiero, né un programma. E allora diventa indispensabile potenziare gli strumenti in cui si amplifica la possibilità di poter far veicolare le idee di tutti i candidati, delle minoranze e di chi non ha le possibilità economiche di affrontare le spese di una campagna elettorale. Ripristinare quindi, con tutte le precauzioni del caso, il finanziamento pubblico ai partiti, così da garantire a tutti l’esposizione di idee programmatiche. Credo anche che sia necessaria una legge speciale in materia elettorale contro la corruzione e il voto di scambio. Quei trenta giorni sono fondamentali per le decisioni importanti di un Paese, ed ecco perché è obbligatorio creare le condizioni di civiltà democratica. Che ad oggi non c’è! Una legge speciale, capace di intercettare al momento del fatto il fenomeno diffuso della corruzione elettorale e del voto di scambio e in grado di rendere incompatibile l’esercizio della funzione pubblica durante una campagna elettorale. Non è più possibile assistere a comizi e sui palchi vedere viceministri in carica, assessori, sindaci, presidenti di regione, è evidente che il voto è condizionato. Si sfalsa il dato elettorale e si prefigura un principio di concorrenza sleale tra candidati. A cosa serve, mi chiedo e chiedo ai lettori, una magistratura che per fatti accaduti magari anche in questa campagna elettorale si giunga alla emissione di una misura cautelare nel 2025? Il danno al candidato onesto si è arrecato oggi! E allora occorre una magistratura tempestiva, capace di intercettare il marcio in tempi ragionevoli. Ma tutto questo non avviene, perché non conviene al potere politico di matrice oligarchica. Così come l’editoria, va riformata. Sui i media nazionali abbiamo visto sempre gli stessi volti. E meno male che esiste la par condicio, che dovrebbe garantire pari condizioni per tutti i candidati. Per il vero cambiamento, se si vuole davvero il rinnovamento non tanto degli individui ma delle condotte, è indispensabile mettere mano ai criteri di elezione, ancora prima della riforma del sistema elettorale anch’esso da riformare. La classe politica che governa un Paese non può essere espressione del malcostume, ma frutto di una riflessione sana e saggia del cittadino. In bocca a lupo a chi ha vinto e auguriamoci prospettive migliori, anche se i tempi sono davvero duri. E lo sarebbero per tutti.
Matteo Lauria – Direttore I&C