Primo: il MES non può prestare soldi “senza condizioni”, non è previsto dai trattati. Tutt’al più si tratterebbe di un alleggerimento delle condizionalità che magari non scatterebbero il primo anno, ma quando le acque si saranno calmate ci verrebbe comunque imposto un percorso di riforme strutturali, tagli e privatizzazioni.
Secondo: questo prestito da 36 miliardi non potrebbe essere utilizzato indistintamente per il fabbisogno della nostra sanità pubblica, ma solo per voci di spesa legate al Covid-19. Quindi non saremmo nemmeno liberi di usarli per qualsiasi tipo di investimento sanitario.
Terzo: l’aspetto dell’emergenza sanitaria è sicuramente importante, ma passerà. E presto dovremo gettare il nostro sguardo più in avanti e fare i conti con un’emergenza economica che potrebbe impegnarci per anni. E quindi non è il momento di essere timidi e conservatori, né di accontentarsi di sbiaditi compromessi, ma di essere ambiziosi e rivoluzionari.
Il MES rappresenta tutto ciò che non va più bene, perché è uno strumento che serve a ridurre la spesa pubblica degli Stati in maniera controllata. Che sia dopo un anno, due o tre, ma quello è l’obiettivo che si vuole raggiungere usando il MES, anche in un’ipotetica forma più leggera che comunque al momento non esiste.
Ma ora non ci serve questo! Ora ci serve mandare in pensione l’austerity e l’ideologia neoliberista a tempo indeterminato. Non ci può bastare solo sospenderla per un anno o due, per poi dover ricominciare a fare i conti come e peggio di prima con pareggio di bilancio, tagli lineari, privatizzazioni. Quando devi ricostruire dopo una guerra ti servono politiche espansive, piani decennali di investimenti pubblici, non strumenti come il MES che ti portano a tagliare la spesa pubblica.
Insomma, ora invece è il momento di pensare in grande, di osare, di essere coraggiosi, di cogliere l’opportunità che si può celare anche dietro una tragedia come questa: quella di iniziare ad elevare il nostro pensiero, di ragionare su un profondo e radicale cambiamento di quelle regole europee che non sono più adeguate al momento attuale, e non lo saranno nemmeno fra uno, due o dieci anni (Comunicato stampa).