I FATTI L’episodio che ha dato il via al procedimento risale al 12 maggio 2012, quando i fratelli Sergio e Aurelio Caruso vengono imputati del gravissimo reato di tentato omicidio aggravato perché, secondo la prospettazione accusatoria, con premeditazione, consistita nel procurarsi una pistola semi automatica e nell’attendere che la vittima transitasse in via Salvator Allende di Mirto Crosia, compiono atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di Alfredo Morelli. In particolare, in seguito a pregressi dissidi sorti tra Morelli e Sergio Caruso, sfociati in un alterco poco prima, i fratelli, a bordo di una autovettura Fiat Punto, appena notato il Ford Transit condotto da Morelli, arrestano di colpo il veicolo, bloccando in tal modo la marcia del furgone. Per come ricostruito. Sergio Caruso si sporge dal finestrino lato guida impugnando con entrambe le mani una pistola semi automatica ed esplode un colpo d’arma da fuoco in direzione di Morelli. Il proiettile, volutamente indirizzato all’altezza del conducente, raggiunge il parabrezza dell’autoveicolo e colpisce Morelli alla spalla sinistra. L’evento mortale, dunque, non si verifica per cause indipendenti dalla volontà dei Caruso, esclusivamente in ragione della pronta reazione di Morelli che, avendo notato l’arma, si piega sul sedile, evitando di essere colpito in pieno. Ai fratelli Caruso si contestano anche le aggravanti di aver commesso il fatto per motivi abbietti o comunque futili, di aver agito approfittando di tempo e luogo per ostacolare la legittima difesa; di aver detenuto e portato illegalmente in luogo pubblico o aperto al pubblico una pistola semi automatica. Al solo Sergio Caruso viene inoltre contestata l’illecita detenzione all’interno di una abitazione nella sua disponibilità di n. 99 cartucce calibro 7,65 marca Browning. Per Fabio Caruso, invece, l’accusa è quella di favoreggiamento personale per aver aiutato i fratelli ad eludere le investigazioni, presentandosi spontaneamente presso il Comando Stazione Carabinieri di Crosia per rendere dichiarazioni mendaci, allo scopo di fornire loro un falso alibi.
IL PROCESSO In primo grado, con sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Rossano, Fabio Caruso viene condannato alla pena della reclusione, sentenza confermata in secondo grado dalla Corte di Appello di Catanzaro in data 18 febbraio 2018. La difesa dell’imputato, pertanto, propone ricorso per Cassazione e con sentenza definitiva della Suprema Corte, la Prima Sezione Penale, in totale accoglimento delle richieste dell’Avv. Francesco Nicoletti, annulla in toto la sentenza impugnata assolvendo il 42enne. La Cassazione ha inoltre annullato la sentenza per i fratelli Sergio e Aurelio Caruso con rinvio.
(comunicato stampa)