Giusto due anni sono trascorsi da quando un tribunale ha rigettato le pesantissime accuse che sono state mosse a mio carico. Giusto due anni sono passati da quando, finalmente, dopo dieci anni di indicibili sofferenze, sono ritornata – anzi, mi sono riappropriata – della mia vita. Non voglio tornare sulla vicenda Santa Tecla e su ciò che è stato scritto e detto contro di me, perché oggi posso dire di aver messo da parte finalmente il capitolo più tormentoso della mia esistenza. L’ho fatto grazie alla mia fede in Dio, la mia adorata compagna e confidente di momenti interminabili, momenti nei quali si pensa di aver perso tutto, dignità compresa. Ci sono riuscita anche grazie all’aiuto dei mie familiari, soprattutto di quelli che mi sono vicini con lo spirito, all’affetto degli amici di sempre, e anche grazie ai miei detrattori, che paradossalmente, hanno svolto il ruolo più importante per la mia “rinascita”. Oggi sono qui a scrivervi non un messaggio politico, non un classico patetico appello ai buoni auspici. Sono qui per darvi la mia testimonianza affinché in ciascuno di voi non manchi mai la voglia di riscatto e di giustizia. Non manchi mai la voglia di stupirvi in questo viaggio che è la vita. Rudyard Kipling nel “Se” – la famosissima lettera al figlio – diceva: “Se saprai assistere alla distruzione di tutto ciò per cui hai dato la vita e paziente saprai ricostruire, tuo è il mondo e tutto ciò che è in esso”. Quindi io vi dico, amici cari, non lasciate che le amarezze e tutte le ingiustizie della vita vi spengano, e, cosa più importante, non abbandonate mai le vostre passioni, il vostro bisogno degli altri, il vostro stare in mezzo alla gente e di mettervi al servizio del prossimo. Il vostro dare un po’ di voi stessi per la comunità, il vostro tempo per qualcosa di utile. Non ci è dato sapere quanto ancora vivremo e, per questo, ci tocca farlo bene. Nessuna delle vostre vite vada sprecata rincorrendo cose vane. Spendetevi per questa comunità, che tanto necessita della vostra partecipazione. Vi lascio con un frammento del saggio “Nessun uomo è un’isola” di Thomas Merton: “Quello che faccio viene, dunque, fatto per gli altri, con loro e da loro. Quello che essi fanno è fatto in me, da me e per me. Ma ad ognuno di noi rimane la responsabilità della parte che egli ha nella vita dell’intero corpo”.