L’omicidio di Luciano Converso getta luce su un intricato intreccio di relazioni tra fazioni mafiose, esponendo il tessuto intricato delle alleanze e delle tensioni tra i clan della provincia di Cosenza. Un presunto summit di mafia a Rossano, prossimo all’omicidio di Converso, coinvolge figure di spicco come Cataldo Marincola, noto boss di Cirò, e “Cenzo” Pirillo, successivamente assassinato in un agguato di ‘ndrangheta. Questi dettagli emergono dai resoconti del pentito Nicola Acri, ex capo di un’organizzazione legata ai Morfò di Rossano. Le dinamiche si intrecciano con i lunghi e intricati casi di “lupara bianca” verificatisi nel corso degli ultimi tre decenni nella provincia di Cosenza. Le tensioni tra i clan cosentini e crotonesi emergono nel racconto di Acri, con Marincola che espone contatti con i Grande Aracri e i Nicoscia, proponendo un accordo per la pace sotto la garanzia del crimine cirotano. Si evince l’assenso dei clan Arena e Megna a tale prospettiva, sebbene con riserve da discutere all’interno delle rispettive famiglie. Il contesto si complica ulteriormente con l’incontro di Marincola e Pirillo a Rossano, una settimana prima dell’assassinio di Converso. Quest’ultimo incontro svela una serie di intrighi e tensioni. Marincola esplora i contrasti emergenti con Cirò, mentre Acri riferisce divergenze tra la sua organizzazione e “Giravite” di Corigliano. Si mette in luce il coinvolgimento di Converso nei traffici, sottolineando il suo presunto coinvolgimento con esponenti della locale di Cirò e l’acquisto di un mezzo motorizzato attribuito a lui. È questo incontro a cementare la decisione di Acri di eliminare Converso, poiché le azioni del defunto avevano seminato dubbi sulla sua lealtà. L’ex killer esprime il suo disappunto per le azioni di Converso, le quali si rivelarono discordanti con gli accordi e, soprattutto, per il suo silenzio riguardo ai suoi incontri a Cirò. In questo intricato mosaico di relazioni e tradimenti, l’omicidio di Converso si rivela come un epilogo di una serie di scontri e segreti che hanno caratterizzato le dinamiche oscure della malavita locale. In un dettagliato rapporto con la Dda di Catanzaro, il pentito Nicola Acri delinea le intricanti dinamiche mafiose che agiscono nella provincia di Cosenza. Si addentra soprattutto nella costa jonica cosentina, una zona in cui i casi di “lupara bianca” rappresentano solo la punta dell’iceberg di una complessa rete criminale. Acri svela collegamenti tra individui a capo di fazioni della ‘ndrangheta lungo la costa, in stretto legame con le figure di spicco come Silvio Farao e Cataldo Marincola dei cirotani. Queste informazioni dettagliate emergono dall’esperienza di Acri, ex capo della cosca di Rossano, alleata con i “zingari” di Cassano Ionio e in conflitto con altre fazioni mafiose. Sebbene gran parte di queste informazioni sia stata già valutata dai giudici, Acri rivela nuovi dettagli, aggiungendo tasselli mancanti a questo intricato puzzle giudiziario. Tra i vari aspetti, Acri accenna a Francesco Oliverio, attuale collaboratore di giustizia, e ai rapporti intricati con Vincenzo Pirillo e le lamentele trasmesse a diverse figure, tra cui Amantea e Cariati, da parte di Oliverio. Le rivelazioni di Acri si spostano poi verso Vincenzo Santoro, noto come il “Monaco”, affiliato alla cosca di Cirò, una figura che Acri stesso presentò a Cataldo Marincola durante i loro anni di latitanza. Acri racconta di come Marincola abbia formalmente affiliato Santoro, assegnandogli il controllo dell’area di Mandatoriccio e delle zone montane di Campana. Rivela anche dettagli inquietanti riguardo a un presunto omicidio ordinato da Marincola nei confronti di un latitante di nome Napoleone Vulcano, accusato di aver commesso gravi reati secondo i cirotani. Il caso di Vulcano rappresenta un mistero avvolto da ambiguità: per la giustizia italiana, Vulcano rimane un latitante, mentre, secondo la ‘ndrangheta, è stato ucciso e il suo corpo fatto sparire. Vulcano era stato condannato all’ergastolo per un omicidio a Savelli nel 2001, ma il suo status è rimasto nebuloso durante i processi giudiziari successivi, classificato talvolta come un caso di “lupara bianca”. In questa intricata trama di segreti, omicidi e complicazioni giudiziarie, spetta alla Dda di Catanzaro, attualmente sotto la guida del procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla, fare luce su questa ennesima vicenda criminale.