Il 19 dicembre del 1927 il soprintendente della Sicilia e Calabria Paolo Orsi trovava a Roma, dall’antiquario romano Augusto Jandolo, un grande protagonista del mercato di antichità della capitale, una bratteata aurea che aveva messo in vendita per 4.500 lire e per la quale, in quei giorni, era in trattativa con l’antiquario ceco Ludwuing Pollak, mercante molto attivo a Roma. Pollak aveva proposto l’acquisto della bratteata a 2.700 lire. Orsi invece ne offrì solo 750, ma per fortuna prevalse in Jandolo l’amor patrio e così la cedette al funzionario dello Stato a un prezzo decisamente basso. Purtroppo, però, il Soprintendente la dirottò in Sicilia e non in Calabria, assegnandola al Museo Archeologico di Siracusa dove tuttora è conservata.
L’antiquario Jandolo confessò a Orsi di averla acquistata da un orefice di Rossano e pertanto la lamina ormai è conosciuta nel mondo degli storici dell’arte come la “Bratteata Aurea di Rossano”.
Risalente al VI-VII secolo, il si tratta di una lamina circolare d’oro che sul lato lavorato riporta l’immagine di Cristo adorato dagli angeli. Con tutta probabilità, è stata rinvenuta da qualche contadino mentre vangava un campo, il quale, per realizzare un facile guadagno, è andato a proporne la vendita a un orefice della città. Questi, a sua volta, in contatto con intermediari del mercato antiquario romano, la rivendette facendola arrivare a Jandolo.
In quale campo rossanese fu trovata? Faceva parte di un insieme di altri reperti? Chi era l’orefice che l’acquistò? Quanti orefici c’erano a Rossano in quell’epoca? Quale di questi orefici aveva contatti che gli consentivano di far giungere il reperto sulla piazza antiquaria della capitale? Tutte domande ancora oggi senza risposta.
A onor di cronaca, nel 1927 a Rossano esistevano cinque oreficerie. La prima gestita dai fratelli Corigliano, la seconda da Francesco Lavorato e poi c’erano quelle di Giuseppe Ripoli, di Raffaele Franza e infine quella di Gaetano Lavorato. I posteri non sapranno mai chi di questi cinque orafi vendette la Bratteata a Jandolo che, tra l’altro, non ne parla nemmeno nel libro di memorie che ha lasciato.
Orsi descrisse così la Bratteata: «Disco in sottile lamina d’oro purissimo con risalto marginale in basso, diam. Mm. 50; peso gr. 1.1 abbondanti. La lamina è appena e per poco raggrinzita ai margini, del resto intatta e con tracce di incrostazioni dure nel rovescio. Tale disco è stato decorato di una figurazione a tenuissimo rilievo, ottenuto con un lavoro a sbalzo, ma oserei dire con uno stampo preparato. Nel centro della metà superiore, il busto del Redentore di pieno prospetto barbuto, la testa poggiata ad un grande nimbo crociato ed affiancato da due stelle; i particolari del panneggio e delle mani non sono ben chiari. Detto busto poggia sopra una specie di davanzale decorato di una lunga croce affiancata da lettere non chiare […] I due segmenti a destra ed a sinistra di questo gruppo centrale sono occupati da due grandi angeli genuflessi, adoranti con una grandissima ala tesa in alto […]».
Sulla Bratteata Aurea di Rossano nel 1963 ha scritto un fondamentale articolo Angelo Lipinsky.
Comunque anche altri studiosi l’hanno fatta oggetto dei loro studi. Per citarne qualcuno: Federica Pannuti, Giorgio Leone, Margherita Corrado e altri. Resta il fatto che la Bratteata oggi non è a Rossano e quasi svanisce nell’immensità del medagliere presente nel museo siracusano. Il più delle volte non è nemmeno esposta.
A Rossano invece sarebbe sola e darebbe una ulteriore testimonianza del grande universo bizantino in cui la Città era immersa. Al contrario, a Siracusa è semplicemente un minuscolo pesciolino in un oceano di monete e di medaglie dentro il quale scompare.
Pertanto perché non farla ritornare dove fu rinvenuta, semmai anche con la formula del “prestito continuo”? Nessuno ha mai ritenuto che questa sia una questione sulla quale impegnarsi? Eppure si sta parlando semplicemente di iniziare un “potenziale confronto” costruttivo con un ente dello Stato Italiano, non di intraprendere un lungo e complesso conflitto diplomatico/giuridico col potentissimo, per fare degli esempi, Jean Paul Getty Museum di Los Angeles o col MET di New York. Pertanto si spera che qualcuno che può prenda a cuore questo problema la cui soluzione darebbe ancora più lustro alla Città di Corigliano-Rossano.
P.S.: Altri articoli sulla Bratteata e sul traffico di antichità si possono leggere sul sito:
I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C
Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a
Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica
sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato
il romanzo Le tentazioni della
politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri
del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito
www.anticabibliotecacoriglianorossano.it Nel 2019 ha curato la pubblicazione
dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,
Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,
Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.
Da fotografo dilettante cerca di cogliere
con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio
e le sue foto sono state pubblicate anche nel volume di poesie
su Rossano Se chiudo gli occhi di Grazia Greco.