E’ una considerazione molto amara, ma purtroppo realistica. Nel giro di dieci anni col parere favorevole della politica locale (compresa quella regionale) si sono consumate molte vicende di perdita di infrastrutture nella sibaritide e in particolare a Coriglianorossano (prima due città divise ora unite). A parte il discorso sanità che è un guaio non solo qui, abbiamo avuto due vicende di infrastrutture locali che sono state perdute o si avviano ad essere tali. La prima il tribunale, che vide un decreto di soppressione, firmato anche da deputati nostri, poi adesso il porto di Schiavonea che secondo l’Autorità portuale di Gioia Tauro dovrebbe finire in mano a una multinazionale straniera.
Ed è inutile ascoltare le voci dei sindacati che uniti alla politica parlano di posti di lavoro: 60 posti di lavoro davanti alla perdita di un porto che potrebbe essere commerciale e turistico cosa sono? Nulla, perchè un porto con le sue strutture ( che oggi non ci sono perché nessuna autorità portuale se n’è preoccupata e anche nessuna autorità politica) ne porta per 15 volte in più di occupati, non meno di 6-700 posti di lavoro.
Un grande ringraziamento va agli amici del comitato “Salviamo il porto di Corigliano” unici a combattere per la difesa della infrastruttura, mentre il sindaco non ha avuto il buon senso di schierarsi con loro e di mettere in guardia la popolazione, ma pensa di agire da solo, onnipotente, e intanto l’autorità portuale, come la legge consente, ha stretto già accordi con l’azienda americana senza aspettare l’opinione del sindaco Stasi.
Io non so come finirà questa vicenda, ma a me pare che concedere per trenta anni facoltà d’uso e di possesso a un’azienda che non ha nessun legame con l’area economica che il porto di Schiavonea dovrebbe servire, mi pare un delitto, un consegnarsi allo straniero. Per volontà del governo italiano, questo bisogna dirlo, che ormai usa i porti come il nostro totalmente al di fuori degli interessi dei territori, per strategie economiche che alla fine usurpano i territori.
L’alternativa c’era, ed era ed è la zona industriale dietro il porto, a poche centinaia di metri, ma né l’autorità portuale, né la politica ha voluto prenderne atto preferendo far risparmiare pochi spiccioli a questa azienda e far perdere la struttura portuale al nostro territorio. Se un briciolo di buon senso a qualcuno è rimasto abbia il coraggio di aprire la bocca. O adesso o mai più. POLITICA CALABRESE: MA QUALI INTERESSI RAPPRESENTI?
Fabio Menin