Tra la fine degli anni ’50 e gli inizi degli anni ’60 nei fine settimana si andava alla Scuola Media Leonardo da Vinci di Rossano, nella vecchia sede di via XX Settembre, al di fuori dei canonici orari scolastici, per assistere alla proiezione di film. L’Aula Magna dell’istituto veniva trasformata in una sala cinematografica con il telone mentre i professori a turno si prestavano a fare gli operatori al proiettore che trasmetteva la pellicola.
Così si offriva ai ragazzi un’ulteriore occasione per socializzare dando loro la possibilità di assistere a un film in un tempo in cui non tutti avevano a casa la televisione e tanti facevano fatica a raggranellare i soldi per pagare il biglietto del cinema. Al contempo si levavano i giovani dalla strada intervenendo sulla loro formazione anche con questi strumenti, per la scuola dell’epoca, innovativi.
I film che venivano proiettati oggi sarebbero definiti “strappalacrime” e d’altra parte come si poteva restare indifferenti mentre si assisteva ai Ragazzi della Via Paal con la famosa battaglia dei ragazzini divisi nelle due bande che si contendono il possesso, per i loro giochi, di un deposito di legname che nella loro immaginazione diventa un fortino da conquistare e difendere. Nello scontro perde la vita Nemecsek, il “soldato” più debole, il più fragile, caduto molte volte in acqua e quindi ammalatosi gravemente. Ma lui, che non voleva non prendere parte dalla battaglia, scappa dal letto e pur essendo in preda di una forte febbre, con un salto abbatte il valoroso e forte Feri Áts, capo della banda avversaria. Poi stremato muore. Il film si chiude con la mamma di Nemecsek che porta sulle braccia il corpo del figlio mentre le due bande di ragazzini la seguono esterrefatti e dopo, insieme, rendono omaggio al loro giovane amico deceduto. Insomma un forte messaggio di lealtà, senso dell’onore, fede per un ideale veniva trasmesso da questo film che non riusciva a lasciare distaccato lo spettatore.
Era altresì impossibile non restare toccati dalla visione de “Il tamburino sardo” quando nell’ultima scena del film il capitano dell’esercito piemontese, alla vista della gamba mozzata del tamburino nell’ospedale da campo, e all’eroismo di cui era stato protagonista per andare a trasmettere un messaggio attraversando le linee nemiche, si leva il cheppì in segno di rispetto e all’esclamazione meravigliata del tamburino di fronte a questo gesto, per lui sproporzionato da parte di un ufficiale nei confronti della sua umile persona, risponde «io non sono che un capitano, tu sei un eroe!».
Anche in questo caso il film mette al centro del suo messaggio il sacrificio, la dedizione alla causa, l’abnegazione, la sopportazione del dolore, la rinuncia ai desideri individuali a favore degli altri.
Questi film venivano proiettati ai ragazzi di una scuola in anni in cui erano lontani gli episodi che si sentono oggi in giro per l’Italia di mancanza di rispetto verso l’insegnante, di aggressioni verbali e fisiche contro i docenti, di ragazzi che sparano ai professori in aula con pistole a aria compressa e tuttavia prendono nove in condotta, con i genitori sempre schierati dalla parte dei figli a prescindere. Insomma era un altro mondo quello della tranquilla Leonardo da Vinci e oggi piace raccontarlo con questo articolo, fuori da ogni retorica e facile qualunquismo sui confronti dei diversi periodi storici o sulle differenti metodologie didattiche, discorsi che invece si lasciano con piacere ai professionisti di settore.
Martino A. Rizzo
I racconti di Martino A. RizzoMartino Antonio Rizzo è un grande curioso di storie e avvenimenti rossanesi, coriglianesi e più in generale calabresi e gli articoli che prepara per Informazione & Comunicazione non sono altro che il risultato delle ricerche utili a soddisfare queste sue curiosità. Frutto di tale attività è stata anche la realizzazione del sito AnticaBibliotecaCoriglianoRossano che ormai si è meritato un posto di rilevo tra i siti contenenti libri, articoli e fotografie sulla Calabria, tutti liberamente scaricabili. |