Tra le accuse rivolte al Vescovo c’era anche quella di aver emanato una direttiva al clero sull’atteggiamento da tenere nelle votazioni. Tale documento, con discorsi contorti e curiali, alla fine concludeva consigliando ai prelati di votare no e “qualora un vano timore vi dovesse mettere nella circostanza di cedere ai suggerimenti della vostra coscienza, meglio sarebbe astenervi, il quale peraltro a nulla mena, e ve lo consigliamo.” Aggiungendo che “sarebbe anche a desiderarsi che il popolo (con prudenza) conosca il suo dovere, onde non sia more pecudum trascinato a dare il voto”. Ma i sacerdoti come presero i suggerimenti del loro Vescovo? Per quanto riguarda l’atteggiamento del clero di Rossano, solo due parroci parteciparono alla votazione mentre i sacerdoti ordinati da Cilento si astennero. A Corigliano, i Riformati, si espressero tutti e tredici per il no. Il clero di S. Pietro e tutta la comunità dei Paolotti parteciparono invece alla votazione e votarono per il sì. Così fece anche il clero di Santa Maria, ma non l’Arciprete e tre Cappuccini. Si astennero inoltre la comunità dei
Liguorini al completo, i rimanenti quattro componenti della famiglia dei Cappuccini, il parroco di S. Luca, Vincenzo Patari, e quello d'Ognissanti, Infantino Del Gaudio. In tutti i paesi del Circondario la vittoria dei sì fu schiacciante. A Cropalati si registrò un solo no da parte di Luigi Viola. Le indagini svolte da Parisio portarono a formulare un elenco di religiosi sospetti. Tra questi, a Rossano, figuravano i canonici Mariano Rizzo, Antonio De Muro, Giacinto de Falco e Gaetano Romano, il guardiano dei cappuccini Padre Mariano da Laino, il Cantore Francesco Berlingieri, i sacerdoti Vincenzo Nicastro, Giuseppe Ciconte, Claudio Abbastante e Vincenzo Basile, Nilo Federico, il seminarista Pasquale Bianco, l’Arciprete Antonio De Gennaro – che in Curia coadiuvava il Vescovo – e i parroci di Rossano Antonio Graziano, Pasquale Abbastante, Nilo Abbastante, Giovanni De Marco e Antonio Scarnati. A Corigliano furono segnalati i cappuccini Padre Giannantonio da Longobucco, Padre Bonaventura da Mormanno, Padre Leonardo da Francavilla, Padre Luigi da Rotonda e Padre Raffaele da Trebisacce, l’Arciprete Raffale Bruno insieme al parroco Infantino Del Gaudio e ai sacerdoti Antonio Linardi, Gennaro Lapetra, Giuseppe Schiavello, Giovanni Zanfino e Giovanni Melingeni. Il Commissario Parisio durante le indagini ascoltò anche le deposizioni di «cittadini probi» che gli erano stati segnalati, su suo invito, dal Sindaco Amarelli. Tra questi: il parroco Don Francesco Romano, i proprietari Don Giuseppe Toscano, Don Serafino De Muro, Don Francesco De Lauro e Don Vincenzo Ioele, l’orefice Don Raffaele Rizzo, l’ornamentista Don Pasquale Carratella e il sarto Mastro Natale Amodeo. Comunque il 22 ottobre un gruppo di rappresentanti del Clero sottoscrisse una dichiarazione con la quale promise di aderire al nuovo governo del Regno e di non
fare propaganda contraria. Tra i firmatari di tale atto molti erano presenti anche nella lista nera di Parisio, a dimostrazione che la confusione era grande e per tanti era più sicuro tenere i piedi su più fronti in attesa degli eventi finali. Parisio nel corso delle sue indagini trovò elementi anche contro Don Nilo Federico che venne arrestato e portato anche lui nel carcere cosentino.
Poi, il 7 novembre 1860, all’ingresso di Vittorio Emanuele II a Napoli, a Rossano ci furono feste e luminarie a spese del Comune e vennero trasmessi felicitazioni al nuovo sovrano, tra i quali entusiastico fu l’omaggio del Canonico Gregorio Maria Fistilli.
Il 17 dicembre 1860 Mons. Cilento e Don Nilo Federico, “in difformità della requisitoria” del Procuratore di Cosenza furono prosciolti dalle accuse. Cilento, scarcerato, partì per Napoli dove nel 1864 venne raggiunto da una nuova denuncia da parte del sotto-prefetto di Rossano. Infatti il sacerdote rossanese Domenico Acri, in
una lettera sequestrata dalla polizia, dava assicurazione che Domenico Mannarino avrebbe donato ventimila ducati al Comitato Borbonico di Napoli e il Vescovo, per l’occasione, avrebbe fatto da cassiere. Dalle indagini risultò che erano altresì complici della congiura anche Michele Acri, Domenico de Stefano e il Canonico De
Muro. Ma pure per questa accusa, grazie all’amnistia, non ci fu seguito. Così, dopo sette anni, il 1867, finalmente Cilento fece ritorno nella sua Diocesi dove continuò a svolgere il suo servizio pastorale fino alla fine dei suoi giorni.
I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C
Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a
Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica
sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato
il romanzo Le tentazioni della
politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri
del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito
anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione
dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,
Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,
Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.
Da fotografo dilettante cerca di cogliere
con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio
e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie
su Rossano Se chiudo gli occhi.