Quasi a bocce ferme, perché purtroppo non si hanno ancora buone notizie rispetto a molte delle problematiche affrontate nelle ultime settimane, credo sia giunto il momento di affrancarsi per un giorno dai comunicati stampa tematici e contingenti e condividere una riflessione forse meno immediata, certamente meno letta, ma più ampia.
Ritengo che quanto stia accadendo in città nell’indifferenza dei più, nel silenzio di quasi tutte le compagini politiche troppo impegnate a raccattar candidati portavoti piuttosto che a comprenderne la direzione, sia ben più di un causale susseguirsi di vertenze.
Ho solidarizzato con gli ex lavoratori del verde pubblico che hanno deciso di salire sul tetto della scuola. Continuo a farlo, perché a me piace scegliere da che parte stare; quelli che stanno con tutti alla fine stanno solo con loro stessi.
Ci sono stati dei disagi per altri concittadini, certo, soprattutto per quei genitori che lavorando per portare il pane a casa, hanno avuto difficoltà a gestire il proprio tempo. Bene hanno fatto ad arrabbiarsi, qualcuno si sarà anche chiesto per quale ragione avessi solidarizzato apertamente con qualcosa che gli stesse creando disagio. Certamente per umanità e per solidarietà, valori che troppo spesso ultimamente, travolti dalle difficoltà, siamo pronti ad accantonare in virtù dell’indifferenza mascherata da pragmatismo, ma soprattutto per ragioni politiche.
Ritengo si debba restaurare il servizio del verde pubblico. Siamo noi, siamo sempre noi altri cittadini che notiamo la città meno curata rispetto al passato, le erbacce che invadono strade e marciapiedi, le conseguenze negative sul turismo di una città poco decorosa: ne abbiamo riempito i giornali ed i social per mesi con foto, video, indignazione.
Oggi a svolgere quel servizio ci sarebbero i lavoratori del bacino della mobilità in deroga a carico della Regione. Ben vengano, ma che siano di supporto ad un servizio stabile, ad un “sistema istituzionale funzionante”. È per questa rivendicazione che quelli sotto la scuola, nel chiedersi quando i loro figli sarebbero potuti ritornare a far lezione, insieme ai docenti ed i dirigenti scolastici, dovrebbero ritrovarsi dalla stessa parte di quelli sul tetto.
Davvero qualcuno pensa che la partita che si sta giocando, quanto meno per quanto mi riguarda, sia sul posto di lavoro del singolo? Sulle 5 euro in più per la mensa? Sulla singola strada danneggiata? Magari per accaparrarsi la simpatia di un genitore in più o in meno? Si sbaglia.
La partita che si sta giocando è unica, il tavolo è quello del modello di città che intendiamo realizzare, un modello che molti abbozzeranno inutilmente su un foglio mentre provano a vincere le elezioni con la calcolatrice, ma che invece ritengo vada costruito giorno per giorno, metro per metro, servizio per servizio, da ogni posizione.
Una città, per esempio, che dia la possibilità a tutti, indipendentemente dalle proprie condizioni economiche, di poter mandare i propri figli al tempo pieno, ovvero che abbia un sistema istituzionale funzionante, ed è proprio questo che è in discussione, per esempio, nella vertenza per le tariffe della mensa.
Il rapporto 2018 di Save The Children sulla refezione scolastica ci dice che le regioni con maggiori percentuali di famiglie che non hanno accesso alla mensa sono tutte del sud, nell’ordine Sicilia, Molise, Puglia, Campania, Calabria, dall’81% al 63%, mentre la media nazionale è al di sotto del 50%. In questo quadro deprimente, la città di Corigliano-Rossano eredita metà sistema scolastico in cui il tempo pieno è diffuso, strutturato, funzionale, in linea con la tendenza nazionale, meglio di città come Ancona e Reggio Emilia. Su quale modello fonderemo il sistema scolastico della nuova città? E come faremo a scegliere se nel frattempo un anno di commissariamento ne avrà devastato una metà?
E le conseguenze di una tale destrutturazione, se non fosse chiaro, non sono “solo” (come se fosse poco) sul piano formativo per i nostri ragazzi, dal momento che verrebbero a mancare momenti di aggregazione e condivisione importanti per bambine e bambini di ogni classe sociale. L’inaccessibilità del servizio di refezione, diminuendone drasticamente la dimensione, indovinate un po’? Farebbe venir meno l’esigenza di unità lavorative sia a scuola che per il servizio mensa, quindi altri disoccupati.
Ed ecco che tutto torna, tutto è concatenato. Ecco che tornano “quelli sul tetto”, disoccupati già espulsi da un sistema istituzionale che non funziona; tornano quelli che domani rischiano di essere espulsi da un sistema istituzionale che sta peggiorando; tornano quelli che attendono che la scuola riapra, perché hanno bisogno di lasciare i bambini per andare a guadagnarsi il pane sapendo di poter tornare nel pomeriggio a prenderli, per ora. Non è una singola vertenza, è la questione dell’occupazione in servizi utili alla comunità e non in assistenzialismo, è la questione di un sistema istituzionale funzionante, è la questione di un modello di città da costruire.
A molti non frega nulla di tutto questo, anzi. Governando delle macerie, basterà tirare su una baracca di legno ed agli altri sembrerà di trovarsi di fronte ad una costruzione magnifica. So che non piacerà a tutti, perché chi sta zitto non rischia niente, ma a me, invece, frega e come. Credo fermamente che che la nostra terra non meriti una baracca, né oggi né domani, ed insieme a molte persone di buona volontà un modello di città non soltanto lo abbiamo in testa, ma soprattutto proviamo a costruirlo giorno per giorno da anni, ed è per questo che scegliamo da che parte stare, sempre
Flavio Stasi
Portavoce Movimento Corigliano-Rossano Pulita
(fonte: comunicato stampa)