di MATTEO LAURIA
L’idea di prostrarsi al “capo” evidentemente piace. La dignità di un popolo può andare a farsi benedire. L’atteggiamento servile è spesso giustificato come logica di mediazione al fine di giungere ai risultati sperati.
Sono anni che questo territorio viene preso a pesci in faccia, e la musica non cambia, eppure ci si ostina a perseverare in atteggiamenti mediocri di cui il corpo elettorale è pienamente consapevole. Non a caso, nel tempo, la voce “astensionismo” aumenta di volta in volta. Ma è un dato che non preoccupa chi si candida: l’importante è mettere le mani sul Palazzo, poco importa se si è espressione di una minoranza. Altro che democrazia!
Ed ecco che approdano in città i cosiddetti “VIP”, gli stessi che non dicono una virgola sulle vergogne di Stato consumatesi nella Sibaritide. O se lo fanno è proprio perché non ne possono fare a meno. Solo qualche frase ad effetto, qualche battuta, ma nulla di più.
Viene da chiedersi: che considerazione si ha degli elettori? A chi legge, la risposta.
Siamo in piena campagna elettorale: si gira in lungo e in largo tra Cosenza, Rossano, Cariati e altri piccoli comuni. La politica delle promesse prende corpo. Il problema è la credibilità, oggi ai minimi storici. Parole “vuote”, concetti superati, programmi e progetti triti e ritriti. Si è perso in attendibilità, quindi in autorevolezza.
La presenza di “piazze” piene, semipiene o semivuote in alcuni casi lascia ben sperare, ma se ci si sofferma a una analisi più accorta, ci si accorge che coloro che stanno davanti al palco a fare scena sono gli stessi candidati al consiglio comunale, i loro amici e i parenti.
Su Rossano, in particolare, si utilizza l’effetto “week-end” e le ore di punta per intercettare i “curiosi” amanti delle passeggiate. Tutti sanno che vi è un clima misto tra indignazione e rassegnazione ma nessuno dei candidati è disposto ad ammetterlo, se non altro perché non saprebbe come giustificare la decisione di non “boicottare” l’urna quale azione di forte protesta nei confronti di chi ha voluto ridurre la città di Rossano a un centro alla stregua di un piccolo comune dell’entroterra, senza nulla togliere a questi ultimi. Non a caso, i temi trattati sanno di “inflazione”, poiché si paga lo scotto della totale disistima che l’elettore ripone nella politica in generale.
La riprova di tutto ciò si rinviene nelle enormi difficoltà riscontrate da taluni nel redigere le liste, dal ricorso continuo e costante a promesse di lavoro, dalle ipotesi di voto di scambio prospettate da alcuni candidati a sindaco.
Si vuole un sindaco a tutti i costi, quasi si trattasse dell’uomo dalle mille virtù, che riuscirà a risollevare le sorti della città. Un auspicio che speriamo possibile, ma è davvero dura. Se non altro perché siamo considerati da sempre “periferia” e per i vari governi che si sono succeduti nel tempo esistono solo le città metropolitane e i capoluogo di provincia.
Il resto non esiste. Eppure i cittadini/contribuenti pagano le tasse allo stesso modo ovunque: né più né meno.
Sarà eletto un sindaco “prigioniero” dei tanti drammi con cui la città convive: tra questi, la gestione dell’ordinario, altamente a rischio per via delle difficoltà di cassa, vicina al pre-dissesto finanziario. Nel panico persino i dipendenti pubblici che temono ripercussioni sugli stipendi. E con uno Stato “nemico” che taglia dappertutto, anche i trasferimenti, diventa quasi impossibile uscire dal tunnel.
Si sta per entrare nella fase cruciale. La tensione cresce a dismisura. I livelli di scontro sfiorano la recrudescenza. Il pettegolezzo espressione del più cupo provincialismo prende sempre più corpo.
Il volume delle denunce aumenta di giorno in giorno e la Procura della Repubblica del Tribunale di Castrovillari avrà il suo ben da fare. Che abbia preso il sopravvento la politica dei veleni, d’altronde, non meraviglia nessuno.
È tutta roba di cui si è avuta ampia consapevolezza in tempi non sospetti.