CORIGLIANO-ROSSANO – Sanità morente, nella Sibaritide i cittadini continuano ad aspettare che la salute diventi finalmente un diritto e non più una congiuntura fortunosa nella quale trovarsi per continuare a sopravvivere. Il bilancio dei servizi ospedalieri del 2019 lungo l’intera area ionica cosentina si chiude, ancora una volta, con un nulla di fatto. Con un cumulo di promesse puntualmente disattese. Il nuovo ospedale di Insiti continua a rimanere una chimera e i lavori di realizzazione sono ancora fermi, nonostante le rassicurazioni del governo regionale; l’ospedale di Trebisacce continua a rimanere clamorosamente chiuso nonostante un pronunciamento chiaro del Consiglio di Stato; il predio spoke di Corigliano-Rossano, l’unico operante nella Sibaritide, è ogni giorno di più un contenitore di criticità e disservizi (non ultima, la clamorosa chiusura di Cardiologia e terapia intensiva avvenuta per carenze strutturali e igienico-sanitarie). Per non parlare, poi, del vergognoso stato di abbandono in cui versa l’ex nosocomio di Cariati, emblema del disastro sanitario calabrese e della resa delle istituzioni: una struttura che è stata privata di ogni identità, manchevole delle prestazioni di base e ancora in attesa di un investimento di circa 9 milioni di euro, stanziati a seguito del piano di dimensionamento e finora mai spesi.
«Chiudiamo un 2019 – dice Graziano – ancora in stato di attesa. È stato l’ennesimo annus horribilis per il diritto alla salute e per l’assistenza sanitaria nel nostro territorio. Continua la parabola discendente di disservizi e criticità che la politica di governo ha solo imbottito di promesse e nulla più, in una terra che garantisce poco o nulla a chi con coraggio e tra mille difficoltà continua a viverla. Uno degli indicatori della qualità della vita di un territorio è, senza dubbio, l’efficienza del servizio sanitario; nei giorni scorsi ho incontrato un gruppo di cittadini del basso Jonio e della Sila Greca e mi hanno palesato un dato allarmante rappresentato dal continuo spopolamento dei paesi, sia dell’entroterra che dell’area costiera. E questo principalmente a causa delle carenze infrastrutturali ma soprattutto per la mancanza di servizi sanitari ed ospedalieri efficienti. La gente non si sente sicura. Ad essere peggio, – aggiunge il capolista dell’UDC – però, è che la migrazione non interessa solo la popolazione giovanile, da qualche tempo anche le persone anziane stanno scegliendo di lasciare i loro paesi, le loro case, i loro affetti per trovare soluzioni abitative più vicine ai centri sanitari. Questa è una vergogna! Soprattutto perché con l’attuazione del Piano di rientro si è lasciato al suo destino un territorio – precisa – che fino a quindici anni fa rappresentava un motore produttivo e culturale della nostra regione. Ora c’è il deserto, causato anche dall’assenza di assistenza ospedaliera. La chiusura del Cosentino di Cariati, pur maldigerita, era stata accompagnata dalla promessa di un potenziamento dei servizi ambulatoriali e assistenza di prossimità. Oggi, a distanza di dieci anni dalla soppressione del nosocomio, rimane solo una struttura vuota che continua a pesare sulle tasche della regione ma improduttiva in termini di servizi. Il punto di primo soccorso – ricorda, ancora, Graziano – è stato svuotato di tutto: manca perfino il personale per le analisi, non ci sono più nemmeno i tecnici radiologi e se qualcuno di procura un trauma, anche superficiale, deve correre a Corigliano-Rossano o a Crotone, lungo la statale 106. Si può vivere così? Lo chiediamo, soprattutto, a chi ha governato negli ultimi anni la Regione e ai Commissari straordinari alla sanità che – conclude Giuseppe Graziano – hanno letteralmente abbandonato i cittadini di quest’area al proprio destino. Li hanno lasciati soli» (Comunicato stampa).