di MATTEO LAURIA
E, invece, questa “maledetta” mentalità non ha fatto altro che ridurci allo stato attuale, ossia, rimanere in attesa nella speranza che la commissione di valutazione dia qualche segnale di apertura. C’è poco da fare, abbiamo dimostrato un po’ tutti, nessuno escluso, di essere dei “mendicanti” di quelli cioè abituati a chiedere le cose, che tra l’altro spettano di diritto, con il cappello in mano. Tutto questo è accaduto subito dopo la sfuriata iniziale del 2012, appresa la notizia della chiusura. C’è chi ha millantato posizioni di privilegio politiche e conoscenze di vario genere, chi ha ritenuto di premiare un ragionamento diplomatico portando avanti le tesi della ragione, chi infine era per la protesta estrema ma non è stato ascoltato. Fiumi di parole, incontri, riunioni, presidi, titoli a caratteri cubitali sui giornali, dibattiti nelle radio e nelle televisioni. L’unico risultato ottenuto è l’attuale silenzio. Qualcuno ritiene di aver individuato le corsie giuste per far valere le ragioni della dorsale jonica, staremo a vedere. Di certo quel che ha subito il territorio è un’autentica porcheria, in tutti i sensi. Il problema non è tanto la chiusura o l’eventuale riapertura del presidio giudiziario, ma come si è arrivati a tanto.
Dietro la vicenda del tribunale di Rossano si cela una mastodontica questione morale: non a caso, c’è chi parla di “carte false”; non a caso, si è chiesta l’istituzione di una commissione d’inchiesta.
E il fatto che su questi due punti il ministro della giustizia Andrea Orlando non risponda in Parlamento, la dice lunga su quel che è potuto accadere nella singola “notte” in cui si decise per la morte del presidio di Rossano. Tutti sanno, ma nessuno agisce, incluso la magistratura. È in questo contesto che non può starci né la diplomazia né la cultura dal cappello in mano! Ci va di mezzo la dignità di noi tutti, la capacità di saper esprimere tutta l’indignazione per il grave atto subito, dei cui effetti solo ora qualcuno inizia a rendersi conto. Lo scenario è questo. Si sarebbe dovuto agire contro gli apparati dello Stato. E rivolgersi a chi? La Corte di giustizia europea? È evidente che in questa occasione lo stato di diritto è venuto meno. Inutile elencare nuovamente i danni e i disagi arrecati all’utenza. In più c’è chi ha perso finanche il posto di lavoro. Chi risarcisce? In questo marasma appare pressoché incomprensibile il calo di tensione in atto.
E meno male che siamo in campagna elettorale. Un dato è certo: se il tribunale non dovesse rivedere la luce entro la prossima primavera, almeno in termini di impegno, la partita si potrà considerare definitivamente chiusa. Ed ecco perché appare ingiustificato l’attuale immobilismo dei partiti, delle associazioni, dei sindacati, dei movimenti, del tessuto sociale nella sua interezza. Segnali di stanchezza giungono anche dalla Fondazione degli avvocati riconducibili all’ex Foro di Rossano, la cui azione è venuta meno dopo lo scioglimento del consiglio comunale di Rossano. Anche l’impegno assunto dal sindaco di Mandatoriccio Angelo Donnici di portare la vertenza “giustizia” all’interno della Consulta dei sindaci è venuto meno.
Quasi non vi fosse consapevolezza di quanto accaduto, eppure il Donnici è un “sanguigno”, è uno che quando vuole agire agisce. Ancora più strano si conferma l’atteggiamento dell’associazione giovani avvocati di Rossano (AIGA) i cui componenti sono caduti in un mutismo inconsueto, sebbene ad essere maggiormente colpiti dalla catastrofica riforma siano stati proprio i giovani. Non a caso, a supplire a tale carenza interviene spesso Antonio Scarnati (Coordinatore della sezione giovanile Fondazione Avvocati del Foro di Rossano e membro del movimento giovani #AndareOltre), assumendo posizioni utili a fronteggiare il clima di stasi attualmente vigente.
Era partita una proposta rivolta ai partiti e ai movimenti perché ritirassero le candidature in segno di protesta contro un Governo e un Ministero (Giustizia) sordi ad ascoltare le esigenze del territorio e soprattutto per la necessità di ripristinare lo stato di legalità. Tale proposta è caduta nel vuoto.
Né si crea un coordinamento politico trasversale al fine di organizzare una manifestazione di protesta civile nella Capitale.
Insomma, abbiamo affidato il destino del nostro territorio in mano ad altri.