Sui metodi di chiusura adottati per giungere alla chiusura del tribunale di Rossano si registra uno strano silenzio. Eppure le accuse poste in essere non sono assolutamente da considerare di second’ordine. Se non altro per il fatto che un po’ tutti conoscono le modalità utilizzate nell’anno intercorrente tra il 2011 e il 2012. La leggenda parla di carte false, di alterazioni di relazioni, del famoso gioco delle “tre carte”, di un tribunale (Castrovillari) dimensionato per ospitare 20 comuni e invece forzatamente lo si adagia ad oltre 50 comuni. Con la sede Unep adattato al vecchio tribunale con verbali Asp che fanno altamente discutere. Tacciono tutti: consiglieri regionali, parlamentari nazionali, associazioni di categoria. Ex parlamentari con indennità d’oro con evidenti responsabilità quanto meno di vigilanza perché si potesse tutelare l’ex presidio giudiziario di viale S.Stefano. Finanche le organizzazioni sindacali non si sbilanciano a fronte di ben 18 lavoratori della ex vigilanza notturna costretti a sciogliere la propria cooperativa dopo la rescissione del contratto per il servizio di sicurezza presso l’ex tribunale. Come se fossero “figli di nessuno”. Pagato lo scotto forse, di non incatenarsi o di non dare inizio ad azioni eclatanti. L’Ordine degli avvocati e la fondazione forense di Rossano la cui azione è praticamente nulla rispetto ai gravi disagi derivanti dalla logistica. Ma i silenzi più dolorosi son quelli relativi al mancato interesse, che richiederebbe un minimo di etica, circa la necessità di conoscere il passato e di chiedersi cosa sia accaduto in quell’anno tortuoso. Perché chiudere Rossano? E’ un fatto di giustizia, non di scelte.