E’ stato condannato ad un anno e mezzo di reclusione (pena sospesa) il giornalista pubblicista coriglianese, Fabio Pistoia, 35 anni, accusato di truffa aggravata e continuata. Pistoia è stato ritenuto colpevole dei fatti a lui ascritti dal giudice monocratico presso il tribunale di Castrovillari, Annamaria Grimaldi, che nella giornata di venerdì scorso ha pronunciato la sentenza di condanna. I fatti per i quali Pistoia è stato condannato risalgono al 2010 in quanto, stando all’accusa formulata nei suoi confronti, avrebbe attraverso una serie di raggiri nei confronti di tantissime persone, avrebbe truffato consistenti cifre di denaro, complessivamente – pare – circa 400 mila euro. “Soltanto” in 45, però, decisero di denunciarlo in quell’anno. E su tali e tante denunce la Procura e il Tribunale di Castrovillari hanno poi imbastito il processo, durato ben tre anni. Fino alla condanna, giunta venerdì sera. Precisa e puntuale la requisitoria pronunciata nella tarda mattinata di venerdì da parte del pubblico ministero d’udienza, Raffaella Mancini, la quale ha minuziosamente ricostruito la vicenda, anzi le molteplici vicende truffaldine del giornalista coriglianese. Il quale – pure secondo il giudice che l’ha condannato – architettò quel millantato “Progetto “Comunicando” finanziato dall’Unione Europea e dall’Università della Calabria”, destinato a “sfornare” giornalisti a iosa tra giovani e meno giovani, laureati e/o meno, soprattutto tra i coriglianesi. Un paese di 40 mila abitanti destinato praticamente e molto facilmente a diventare la “capitale europea dei giornalisti”. Come? Semplicemente sborsando “quote” da mille euro l’una per iscriversi al fantomatico “progetto” di Pistoia, legale rappresentante della società “Pegasus di Fabio Pistoia & C. S.a.s.”. E vi fu chi di queste quote ne fece davvero incetta. Come il caso d’uno stimatissimo insegnante in pensione – tra l’altro giornalista e scrittore – che ne “acquistò” per ben 39 mila euro, oppure quello d’un noto medico che se ne fece “prescrivere” per 10 mila. Altri ne sottoscrissero chi per 5, chi per 3, chi per 2, chi limitò invece la propria “spesa giornalistica” alla soglia della quota minima di mille euro. Versati contanti ed assegni nelle mani del principe del giornalismo truffaldino e firmata l’improbabile documentazione del “progetto Pistoia”, il giornalista spariva dalla circolazione e dalla vista della propria vittima di turno e non rispondeva alle sospettose telefonate di “reclamo” che tra la primavera del 2009 e quella dell’anno successivo cominciavano a diventare decine, poi centinaia.
Lo stesso Fabio Pistoia, a margine della sentenza, annuncia la volontà di ricorrere in Appello:
“Ho accolto senza sorpresa alcuna – afferma in una nota – la sentenza di condanna di primo grado per il reato di truffa emessa nei miei confronti dal Tribunale di Castrovillari. Sentenza che si rispetta, com’è giusto che sia, ma non si condivide affatto. Sentenza che verrà prontamente impugnata dinanzi alla Corte d’Appello, com’è anche giusto questo che sia…Lo scrivente (assistito dal difensore di fiducia, avvocato Antonietta Pizza, che si ringrazia molto per la diligenza profusa e la vicinanza umana prim’ancora che professionale ), convinto delle proprie ragioni e della necessità di far emergere la reale verità dei fatti, continuerà a percorrere con animo imperterrito e sempre più determinato l’iter nelle competenti sedi di giudizio che la legge prevede, promuovendo ricorso presso la Corte d’Appello di Catanzaro”.
Una risposta
forse e quel Fabio Pistoia, che su FB ha il suo profilo e poi un’altro con Fabio Pistoia