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Tumori e migrazione sanitaria: la Sibaritide può fermare l’esodo? |VIDEO

Nella Sibaritide il fenomeno della migrazione sanitaria per i tumori è un problema persistente. Ogni anno molti pazienti lasciano la Calabria per curarsi altrove, spesso spinti da una percezione negativa della sanità locale. Il dottor Giovanni Stamati, radiologo dell’ospedale Spoke di Corigliano-Rossano e membro del SIUM (Società di Medicina Ultrasonologia, Medicina e Biologia), sottolinea che la qualità delle cure oncologiche in Calabria non è inferiore a quella del resto del Paese. «La migrazione sanitaria per i tumori avviene anche per una questione di fiducia – spiega Stamati – ma dobbiamo lavorare per recuperarla. La diagnosi di queste patologie in Calabria è adeguata e i protocolli terapeutici, come chemioterapia e radioterapia, sono gli stessi applicati negli ospedali di Milano o Roma». Secondo i dati più recenti, la Calabria è tra le regioni italiane con il più alto tasso di migrazione sanitaria. Per quanto riguarda i tumori, molte famiglie scelgono di spostarsi verso strutture del Nord Italia o del Centro, convinte di trovare cure migliori. Tuttavia, gli specialisti locali ribadiscono che il problema non è tecnico, bensì percettivo. Il dottor Stamati conferma che la diagnostica oncologica nella Sibaritide è affidabile e che il sistema sanitario calabrese dispone delle competenze e delle attrezzature necessarie per affrontare i casi di tumore. Il problema principale è che spesso i pazienti e le loro famiglie non si fidano delle strutture sanitarie locali e scelgono di curarsi altrove.

Screenshot

Cure adeguate, ma fiducia da ricostruire

«Quando un paziente riceve una diagnosi oncologica – spiega Stamati – entra in un protocollo terapeutico standardizzato. Questo significa che le cure che riceverebbe a Catanzaro o a Reggio Calabria sono le stesse che riceverebbe a Milano o a Bologna. Non c’è differenza nella qualità dei trattamenti». Tuttavia, la percezione negativa del sistema sanitario regionale continua a spingere molti malati oncologici a cercare soluzioni fuori dalla Calabria, spesso con costi elevati e un impatto psicologico significativo sulle famiglie. «La nostra sanità deve dimostrare ai cittadini di essere affidabile – aggiunge Stamati – perché la fuga dei pazienti non è dovuta a carenze tecniche, ma alla sfiducia. Questo è il vero problema che dobbiamo risolvere». Per contrastare la migrazione sanitaria, il primo passo è investire sulla comunicazione e sulla trasparenza del sistema sanitario locale. È fondamentale che i cittadini siano informati sulla qualità dei servizi offerti e sulle competenze del personale medico. Migliorare l’accoglienza dei pazienti, potenziare il supporto psicologico e facilitare il percorso diagnostico e terapeutico possono contribuire a ridurre il fenomeno. La testimonianza del dottor Stamati lancia un messaggio chiaro: le cure oncologiche in Calabria sono adeguate, ma senza un cambiamento nella percezione della sanità locale, la migrazione sanitaria continuerà a essere un problema.

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