L’ennesima riapertura della discussione sull’attraversamento stabile dello Stretto, che ai pontisti ha visto aggiungersi i tunnelisti capitanati dal premier Conte, è uno schiaffo in faccia ai calabresi e ai siciliani, e dimostra l’assoluta incapacità – o meglio, la non volontà – di affrontare le problematiche reali di quei territori.
Da decenni ormai al Ponte è stato delegato il ruolo di unica opera in grado di attrarre ingenti somme da spendere nella punta dello Stivale, come se l’ideologia della Grandi Opere fosse veramente capace di far fronte alla pesante carenza di infrastrutture e servizi, al grave dissesto idrogeologico favorito anche dal progressivo spopolamento delle aree interne abbandonate a se stesse, all’impossibilità della macchina pubblica a far fronte ai bisogni della popolazione, e non tanto per le stereotipate malagestione e clientelismo, quanto per un progressivo e costante taglio dei bilanci degli enti pubblici a favore delle regioni ricche.
La notizia che il progetto del Ponte sia, al momento, fuori dall’elenco delle operare da inserire nel Recovery Plan, dove in un primo tempo era stato inserito, non ci deve né rallegrare né far stare tranquilli. La Rete No Ponte rilancia l’appello per la mobilitazione perché ancora una volta, a guardare questo elenco, il Sud e le Isole sembrano tagliati fuori.
E quindi non è solo una questione di dire No all’ennesima devastazione ambientale in nome del profitto di pochi e a discapito degli interessi dei più. C’è la necessità di mobilitarsi per fare in modo che i soldi del Recovery Fund vengano investiti dove servono ai cittadini e ai territori, e non a banche e grandi imprese. Per questo sabato 26 settembre saremo a Messina e per questo stiamo organizzando una grande assemblea a Roma dove proporremo un piano alternativo per il Recovery Fund, basato sulle reali e urgenti problematiche dei nostri territori.
Unione Sindacale di Base
comunicato stampa