(fonte Usb Cosenza). Svariate le segnalazioni di pazienti e/o familiari che si susseguono da mesi tra i vari uffici protocollo dei presidi ospedalieri afferenti all’Asp di Cosenza e la stampa locale. Le pietanze somministrate alla degenza, soventemente definite “immangiabili” e “avariate”, vengono preparate in un unico centro di cottura sito nel presidio ospedaliero di Rossano e distribuite per tutta la provincia circa tre volte a settimana, nonostante in molti presidi, tra cui Cetraro, siano ancora allestiti centri di cottura attrezzati e funzionanti che, se lievemente ripresi, potrebbero fornire garanzia su una preparazione quotidiana e qualitativamente adeguata di cibi e vivande da destinare ai pazienti. Soprattutto per i lungo-degenti il momento del pasto rappresenta una delle poche parentesi di svago e di aggregazione atte ad alleggerire la permanenza in ospedale, tuttavia negli spoke dell’Asp di Cosenza non è così. Abbiamo appurato che in diverse occasioni i pasti sono stati consegnati con un’etichettatura errata in netta violazione del capitolato d’appalto. A partire da questo, come dovrebbe sentirsi un paziente? Molti i vitti consegnati ma non richiesti e che puntualmente vengono ritirati ancora sigillati. Riteniamo che la situazione sia lesiva della dignità delle persone in cura e indicativa anche delle condizioni lavorative di gran parte degli/delle addetti/e al servizio mensa assunti/e con la società Ladisa e legate da anni all’Asp di Cosenza. Molte le criticità, soprattutto nel centro cottura di Rossano e per il presidio ospedaliero di Paola-Cetraro; tante le persone con contratti ima due ore e gli spostamenti immotivati. Su svariate contraddizioni una in particolare è incomprensibile: com’è possibile che un’azienda in repentina ascesa (il bilancio del 2023 chiuso con un +73% di utile netto e due acquisizioni milionarie) abbia avuto accesso ad un fondo di solidarietà che ricade totalmente su singoli lavoratori? La società Ladisa, di fatto, può applicare ad personam un fondo di solidarietà sulla base di un presunto accordo nazionale e l’applicazione coinvolge anche chi è assunto/a part-time. Non solo, questo comporta una riduzione del reddito da lavoro diretta ma anche indiretta poichè viene richiesto ad alcuni lavoratori di rinunciare ad un’ora sul turno di base ma puntualmente vengono trattenute dalla retribuzione decine di ore, senza alcuna spiegazione ai lavoratori. Il risultato è inaccettabile; salari da fame per un servizio pubblico e ulteriori finanziamenti all’azienda privata. In questi mesi i tentativi di dialogo della nostra O.S. con i vertici aziendali sono naufragati in un clima di negazione e silenzio e abbiamo riscontrato un vertiginoso aumento delle ostilità verso il nostro RSA e gli altri lavoratori da noi rappresentati. Diverse e infondate contestazioni disciplinari, trasferimenti, e copiose trattenute in busta paga; dati che fanno pensare ad un voluto e consapevole clima di ricatto. Di fronte a questo abbiamo riscontrato una totale assenza degli enti preposti al controllo, in primis il settore vigilanza dell’Ispettorato del lavoro al quale Ladisa sembra aver ammesso ufficiosamente delle “sviste”, poi tradottesi in un nulla di fatto. Riteniamo urgente e inderogabile trattare la situazione proprio a partire dall’Asp di Cosenza ed è per questo che nella data di oggi è stato richiesto un incontro con il direttore sanitario, dottor Martino Rizzo, con l’ing. Capristo, il direttore generale Graziano e il direttore amministrativo per esporre e analizzare le criticità, divenute intollerabili, tanto per il servizio che per gran parte dei lavoratori e delle lavoratrici in appalto.
comunicato stampa